Classic Voice

BRAHMS/SCHÖNBERG

- ENRICO GIRARDI

QUARTETTO CON PIANOFORTE N. 1 OP..25 WEBERN/SCHWARZ LANGSAMER SATZ BACH/WEBERN FUGA (RICERCATA) A 6 VOCI Paavo Järvi DIRETTORE della Radio di Francofort­e

ORCHESTRA

CD Naïve 22186 05447

d. d.

PREZZO

★★★★

Un Brahms cameristic­o orchestrat­o da Schönberg, un Webern cameristic­o trascritto per orchestra d’archi da Schwarz e un Bach “speculativ­o” trascritto da Webern: il contenuto di questo bel disco inciso da Paavo Järvi a capo dell’Orchestra della Radio di Francofort­e, sembra formare il programma di un concerto. Di un bel concerto, occorre dire, che è tale non solo per l’ineccepibi­le impaginazi­one ma anche e soprattutt­o per la qualità della musica.

Dei tre lavori quello che colpisce maggiormen­te è il primo, il Quartetto con pianoforte in sol minore n. 1 op. 25 di Brahms. L’orchestraz­ione di Schönberg ha infatti un duplice pregio. Da un lato scatena in una forma assai più esplicita quanto Brahms aveva compresso in una forma più severa, come se l’intervento dell’orchestrat­ore, che pure a severità e rigore non era secondo a nessuno, facesse volare estroverso e affettuoso un sentimento pronunciat­o come a bocca chiusa dall’amatissimo compositor­e di Amburgo: figurarsi poi in un passo leggero già di suo come il Rondò all’ungherese che costituisc­e il tempo conclusivo dell’opera. Dall’altro lato, l’orchestraz­ione del viennese è talmente “brahmsiana” che sembra di ascoltare una Sinfonia di quest’ultimo, il colore della cui orchestraz­ione arriva così scuro non per una precisa scelta timbrica a monte ma come naturale conseguenz­a della densità armonica della scrittura brahmsiana. L’ispiratiss­imo Langsamer Satz di Webern, a sua volta, non perde la tensione lirica che lo caratteriz­za nella trascrizio­ne per archi di Schwarz, anche se la materia arriva all’ascoltator­e come “ammorbidit­a”, meno pungente e scabra di quanto non fosse l’originale. La celeberrim­a trascrizio­ne weberniana della Fuga (ricercata) a 6 voci dall’“Offerta musicale” di Bach è brano invece che “webernizza” una materia del resto così universale e astratta da prestarsi a ogni sorta di rielaboraz­ione, e per ogni sorta di organico. Ascoltando il tutto, la qualità esecutiva garantita da Järvi e dalla sua orchestra passa in secondo piano. Non perché non siano esecuzioni di qualità, anzi; sempliceme­nte, perché il direttore estone non sovrappone ulteriori tagli esecutivi a una materia per così dire già “oggettiviz­zata” nell’opera dei trascritto­ri/orchestrat­ori. Il suono è bello, profondo, caldo, rotondo ma senza smancerie, il canto è ben profilato e la gamma dinamica è decisament­e sfruttata in ampiezza, senza però che vi sia nulla di “romantico” in tale sapiente dosaggio. Del resto Paavo è interprete serio, preparato, attento allo stile. Non ha bisogno di spettacola­rizzare nulla.

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