IL SUONO sopra Berlino
Cent’anni fa la nascita della Repubblica di Weimar: tra due apocalissi, tre lustri in cui convivono espressionismo, dodecafonia e Kabarett-Musik. Radio e musica per tutti. Una stagione unica per le arti. Che Hitler poi detestò e distrusse
Berlino, negli anni della Repubblica di Weimar (proclamata cento anni fa e destituita nel 1933, ndr), divenne a pieno titolo una grande capitale della cultura europea: surclassò Vienna, che aveva perduto il suo secolare Impero, e si confrontò alla pari con Parigi, nell’anteguerra luogo di elezione della cosiddetta belle époque. Fu una vitalità sorprendente in una nazione uscita vinta da una guerra lunga e terribile; e ora angariata dalla furia vendicatrice dei vincitori. Questa vitalità si manifestò in tutta chiarezza fin dai giorni della capitolazione, del crollo dell’Impero e della ventata rivoluzionaria che ne seguì: in quel momento pittori, scultori e architetti, assieme a drammaturghi e musicisti, apparvero sorprendentemente uniti - nonostante le differenze di poetica e di scuola - in una Novembergruppe, con riferimento a quel tragico novembre del 1918 che richiedeva, anche in arte, un nuovo inizio. Nel clima rivoluzionario che portava alla creazione di repubbliche socialiste in varie regioni della Germania e ai moti spartachisti a Berlino - con conseguenti sanguinose repressioni e assassini da parte dei Freikorps - il punto d’incontro di questi artisti si basava soprattutto su un programma “politico” di impegno diretto dell’artista nella rivoluzione sociale: non a caso molti artisti della Novembergruppe aderirono a un Arbeitsrat für Kunst, cioè l’equivalente tedesco di un Soviet bolscevico, e, negli ultimi anni della Repubblica, ai gruppi di agit-prop che facevano capo al Kpd, il Partito comunista tedesco in sospetto di estremismo di sinistra presso il Comintern egemonizzato dall’Urss di Stalin. [...]
L’Espressionismo tra urlo e geometria
Negli anni “spartachisti”, tra il 1918 e il 1920, quando avvenne la fondazione della Novembergruppe, si ha un forte recupero dell’esperienza espressionista dell’anteguerra, ma con forti stravolgimenti di senso che ci aiutano a individuare il clima tutto particolare di quegli anni travagliati. Si prenda il caso del Sancta Susanna di August Stramm, pubblicato nel 1914 e messo in scena nel 1920, dopo la morte in guerra dell’autore, nel teatro berlinese della Sturm Bühne dal regista Lothar Schreyer: secondo l’autore, la sensualità di Susanna erompe incontenibile verso il crocifisso; secondo il regista, il delirio sensuale di Susanna si confronta con una folla di comparse marionettistiche, vestite di nero, rosso e verde, gli stessi colori della scena. In tal modo il delirio di Susanna diveniva occasione di un ulteriore scontro tra un’individualità “autentica” e una massa indifferente e alienata, dai movimenti meccanici. Quando poi, per rimanere ancora su questo dramma, il giovane Paul Hindemith trae da questo soggetto la sua operina (Francoforte, 1922), le strutture rigide e contrappuntistiche della scrittura musicale rovesciano definitivamente il rapporto tra lirismo urlato della protagonista e distacco straniante del mondo che la circonda. Analogamente Die glückliche Hand (La mano felice) di Schoenberg del 1911, quando viene rappresentata a Dresda nel 1924 viene intesa come una disperata opposizione tra l’individuo vivo e vero e la massa disumanizzata degli operai che gli si rivoltano contro. Decisivo è, in questo nuovo contesto, il ruolo che gioca la “geometria”, cioè l’adozione di rigidità strutturali di per sé antiromantiche: l’Espressionismo, scaturito come ultima deriva del wagnerismo ottocentesco, offre tematiche alla cosiddetta Neue Sachlichkeit, la nuova
oggettività che rappresenta per tutti gli anni Venti, e oltre, la ricerca di un linguaggio pertinente a un mondo dominato dalle macchine e indifferente ai destini individuali.
Nelle istituzioni e nei caffè
La pattuglia dei musicisti nella Novembergruppe è altrettanto variegata e consistente. Nel corso del decennio partecipano agli eventi organizzati dal gruppo musicisti appartenenti alle istituzioni ufficiali (come Philipp Jarnach, allievo di Busoni; Jascha Orenstein, assistente di Furtwängler ai Philarmoniker; o Kurt Weill, anch’egli allievo di Busoni all’Akademie), ma anche autori di canzoni da cabaret, come Max Butting direttore musicale dello Chat noir. In realtà una caratteristica particolarissima della vita musicale berlinese fu la mancanza di una netta linea di demarcazione tra sfera accademica e consumo musicale triviale e di intrattenimento, come viene dimostrato dalla doppia presenza di Weill nell’ambito della Sinfonia e della Canzone; o dell’allievo di Schoenberg e di Webern Stefan Wolpe nell’ambito della dodecafonia e del music hall.
Sarebbe fuorviante, però, non considerare l’importanza delle grandi istituzioni musicali berlinesi, uscite pressoché indenni – o forse addirittura rinforzate – dal lavacro di sangue della guerra. Questo è certamente il caso dell’Akademie der Künste, dove l’alto insegnamento della composizione venne affidato a Ferruccio Busoni fino al 1924 e, dopo la morte di questo, ad Arnold Schoenberg. Nel 1927 una seconda cattedra fu affidata a Paul Hindemith. La presenza di questi musicisti internazionalmente riconosciuti si presta a plurime letture: campioni dell’innovazione, ma altrettanto radicati, in modi diversi, nella Kultur tedesca e, nel caso di Busoni, nell’idea di un ritorno all’ordine nello spirito di quella Junge Klassizität europea da lui proclamata fin dal 1920. Schoenberg, nel momento in cui diveniva famoso per l’adozione del metodo di composizione dodecafonico, ben lungi dal mostrare intenzioni eversive (quelle che, con sua grande ira, gli attribuirà - in una prospettiva demoniaca - il Doktor Faustus
di Thomas Mann) non nascondeva l’intenzione retorica di garantire alla Germania “il primato in musica per i prossimi cento anni” e si ergeva a difensore della tradizione contro quei giovani sconsiderati che, andando dietro alle facili mode della musica di consumo, mostravano di credere che “tutto fosse lecito”. Hindemith, quando giunse a Berlino, aveva già compiuto (a Francoforte e a Donaueschingen) un notevole tragitto creativo, che lo aveva portato da una rivisitazione dell’Espressionismo pre-guerra (Sancta Susanna, Mörder Hoffnung der Frauen - Assassino, sassino, speranza delle donne; o dai Lieder su testi di Georg Trakl Die junge Magd), a vitalistiche provocazioni come quella della Kammermusik n. 1 del 1922. Contemporaneamente, inoltre, a iniziare dal terzo Quartetto d’archi op. 22 del 1921, e con le Kammermusiken
di stampo bachiano tra il 1922 e il 1927, Hindemith incarnò anche quell’ideale di semplicità e di ordine che si chiamò della Neue Sachlikeit divenuta di moda in tutta Europa nel terzo decennio del secolo. Anche nelle altre grandi istituzioni musicali di Berlino si assistette a una rinnovata vitalità, in cui si colse sia il perdurante valore della tradizione, sia la disponibilità verso il nuovo. Ne fu emblema la programmazione dei concerti dei Berliner Philarmoniker sotto la direzione, dal 1924, di Wilhelm Furtwängler: accanto a Beethoven e Wagner trovarono spazio Bartók, Rachmaninov, Prokof’ev, Stravinskij e Ravel. Analogamente sia l’Opera di Stato (Staatsoper), sia l’Opera della Città (Stadtoper) accostavano allestimenti di grande tradizione – Fidelio, Nozze di Figaro, il Ring e il repertorio operistico italiano – a novità clamorose come il Wozzeck di Berg alla Staatsoper nel dicembre del 1925 diretto da Erich Kleiber: un caso eccelso di incontro tra raffigurazione espressionista di uno stato di alienazione mentale, e denuncia dei meccanismi alienanti della società di massa, il tutto espresso in un linguaggio atonale, ma scandito da solide strutture drammatico-musicali. Di queste scelte così complesse e persino contraddittorie furono protagonisti tanti interpreti che garantivano il perpetuarsi del primato della Germania nella musica sinfonica e operistica: tra i direttori d’orchestra, oltre a Furtwängler, Erich Kleiber, Bruno Walter e Otto Klemperer; per non parlare dello stuolo di grandi solisti che da tutto il mondo giungevano nelle sale di Berlino e da Berlino partivano per arricchire la vita musicale di tutta Europa e delle Americhe. Di questa solidità della tradizione, che si coniugava con questa forte disponibilità al nuovo, si può rintracciare la ragione in un clima storico in cui tutto concorreva a non far accettare la sconfitta bellica come una vera discontinuità con il passato: la proclamazione della Repubblica, ad esempio, non comportò l’abbandono della denominazione di Reich; e la moneta continuò a chiamarsi Reichsmark (almeno fino a quando, alla fine del 1923, per fronteggiare la spaventosa inflazione, il ministro Gustav Ernst Stresemann non fu costretto a inventarsi una nuova moneta con un rapporto di 1 miliardo di vecchi marchi per un nuovo marco). [...] Non meravigli quindi che l’orgoglio per la grande tradizione tedesca faccia pur sempre da sfondo alla vita musicale berlinese, nonostante la presenza di nuovi protagonisti come Arnold Schoenberg e Paul Hindemith, o i nuovi generi praticati, per esempio, dai collaboratori di Brecht, Hans Eisler, Paul Dessau e Kurt Weill. E non meravigli che costoro non rinuncino a scritture tonali e a espliciti riferimenti al contrappunto bachiano.
Musica colta e musica triviale
Ciò che rende unica, e indistricabilmente contradditoria, la vita musicale di Berlino negli anni della Repubblica di Weimar è però la crescente presenza della dimensione che, accettando la categoria indicata da Carl Dahlhaus, denominerei della trivialità. Si tratta di un versante della vita musicale che si arricchì con il passare degli anni e con l’affacciarsi di nuovi protagonisti. Una prima fase risale agli inizi del secolo: nel 1901 ci fu l’apertura del Kabarett Überbrettl di Ernst von Wolzogen; nel 1904 il Roland von Berlin del pianista e compositore Rudolf Nelson e dell’attore Paul Schneider-Duncker; nel 1907 lo Chat noir dello stesso Nelson. Si trattava dell’emergere di un’attività culturale che da un lato assumeva i modi scanzonati, o addirittura licenziosi, dei tanti
chiassosi ritrovi cittadini ravvivati dall’alcol, dall’oppio e dal sesso; ma che d’altro lato si poneva ambiziosi programmi di denuncia politico-sociale in forme artistiche di buon livello. Anche in questo ambito si può verificare una sorprendente continuità tra l’anteguerra e il dopoguerra, tanto più se si tiene presente che anche a Berlino, come a Vienna o a Parigi, l’area dello spettacolo “leggero”, costituito principalmente dall’operetta e dai ritrovi danzanti, si era istituzionalizzato al punto da coinvolgere un principe Hohenzoller, Joachim Albert, nella composizione di marce e di valzer. Con l’Überbrettl di Wolzogen collaborò anche il giovane e per altri versi serioso Schoenberg, chiamato a Berlino nel 1901 da un posto di insegnamento al Konservatorium Stern che gli aveva ottenuto Richard Strauss: ne sono testimonianza i cosiddetti Überbrettl-Lieder, venuti alla luce solo tanti anni dopo la morte dell’autore: si tratta di canzoni scollacciate, nella cui parte pianistica ci sono tracce di “arrangiamenti” per complessi strumentali occasionali. Nella galassia dei ritrovi berlinesi moltiplicatisi fin dall’età guglielmina non è agevole distinguere tra i luoghi dove le esibizioni musicali erano una parte trascurabile nello svolgersi delle serate, e quelli dove la presenza di un palcoscenico comportava un vero e proprio spettacolo con recitazione, canto, ballo e numeri comicosatirici. Pur rischiando un’eccessiva semplificazione, si può distinguere tra un cabaret berlinese dell’anteguerra da dove emergono figure singole di cantanti e pianisti, e, d’altro lato, un numero crescente di cabaret negli anni della Repubblica, divenuti veri e propri spettacoli di arte varia, per cui fu appropriatamente coniata la definizione di Kabarettrevue. Un’altra sostanziale differenza tra prima e dopo la guerra deriva dall’eliminazione, nel 1919, della soffocante censura imperiale, il che favorì la definitiva aggressione alla morale borghese e, d’altro lato, il radicarsi della satira politica, dove si riflettevano direttamente gli orientamenti socialisti e comunisti della politica e della cultura di quegli anni. Il mondo del cabaret ebbe anche modo di penetrare in più vasti ambiti teatrali e cinematografici. Le forme e i modi della musica che risuonava nei cabaret penetrano in particolare nella vivace produzione, da parte di registi geniali, di spettacoli teatrali misti di recitazione e musica. [...]
Il teatro epico tra propaganda e modernità
Come è ben noto, questo tipo di teatro ebbe una ancor maggiore risonanza, anche sul piano internazionale, con Bertolt Brecht, il quale recepì dal regista Erwin Piscator l’impegno politicoeducativo, approfondendo le modalità con cui realizzare un teatro epico - da lui indicato anche come teatro dialettico, cioè di discussione - in cui l’immedesimazione emotiva a cui tendeva il teatro ottocentesco fosse radicalmente sostituito da un distacco critico che stimolasse nel pubblico una riflessione sul “messaggio” ideologico dello spettacolo. In questo straniamento la musica era chiamata a svolgere un ruolo essenziale: una musica, però, che si staccasse nettamente dalla tradizione colta di derivazione beethoveniana, e assumesse i modi popolari della musica di strada e di intrattenimento. Brecht coniò un termine – Misuk – per identificare il vasto universo del rumore, di cui la musica colta è una, secondo lui, “ridicola sottosezione”. In realtà, più che al ru-
more - verso il quale si stavano meglio orientando le ricerche dei futuristi e quelle di Edgar Varèse - Brecht si riferiva alla sua stessa pratica, risalente agli anni della gioventù, quando si accompagnava alla chitarra per intonare le sue poesie: ballate e canzoni dalla semplice struttura formale. In questa luce avvenne il felice incontro tra il teatro di regia con intenti politico-didattici e la fiorente attività degli chansonniers nel vasto mondo dei cabaret berlinesi. I principali musicisti che diedero vita a quest’esperienza furono di formazione colta. Rudolf Nelson poteva vantare una formazione accademica di tutto rispetto come allievo di composizione di Heinrich von Herzogenberg al Konservatorium Stern. Franz Bruinier (1905-1928), pianista accompagnatore di vari chansonniers, tra cui Jean Moreau, e arrangiatore di canzoni per la radio, era stato allievo alla Hochschule del pianista Egon Petri. Hans Eisler (1898-1962), allievo di Schoenberg a Vienna, era stato tra i primi ad adottare il metodo dodecafonico, ma nel 1927 affrontò le ire del maestro - apertamente anti-bolscevico - per essersi accostato al Partito comunista e per aver scelto le forme “proletarie” dei drammi didattico-politici, i
Lehrstücke, strumento principale di propaganda comunista dei cosiddetti agit-prop. Anche Kurt Weill (1900- 1950), veniva da una formazione accademica, con Humperdinck alla Hochschule für Musik di Berlino e poi con Busoni e Jarnach alla Akademie der Künste; negli stessi anni tra il 1922 e il 1924 si guadagnò da vivere facendo il pianista nelle birrerie, mentre componeva la Sinfonie in einem Satz (Sinfonia in un tempo), musica sinfonico-corale e Lieder su testi di importanti poeti romantici e post-romantici. L’incontro di Eisler e di Weill con il teatro politico di Brecht fu intenso e determinante per la configurazione “epica” di quegli spettacoli. I massimi esiti furono, con la musica di Weill, Die Dreigroschenoper (L’opera da tre soldi), rappresentata il 31 agosto 1928 allo Schiffbauerdamm, e Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny (Ascesa e caduta della città di Mahagonny), la cui prima rappresentazione a Berlino, dopo la prima a Lipsia nel 1930, avvenne nel dicembre del 1931. In entrambi i casi si tratta di spettacoli misti di prosa e di musica, secondo i noti modelli antichi del Singspiel e dell’Opéra comique, o di quelli più recenti dell’operetta e della rivista. Nel caso dell’Opera
da tre soldi (il titolo si riferiva al costo dell’ingresso, così contenuto nell’illusione che gli operai accorressero allo spettacolo) la rappresentazione di un mondo, dove si sono perse le distinzioni tra i deliquenti, i “buoni borghesi” e i giudici, si affida a 20 numeri musicali, articolati su tre atti: ballate, canzoni, concertati, cori, arie e Lieder. L’Opera da tre soldi segnò un successo eccezionale, con immediate riprese e repliche. In Mahagonny la società ha come unica legge la corruzione e l’arbitrio; è una sorta di Far West dove si rispecchia la metropoli moderna. I numeri musicali, divisi tra i tre Atti, sono qui ben 27, tra cui dominano le Canzoni (celebre l’Alabama
Song), ma dove si trovano anche scritture complesse, concertati e fugati. Mahagonny fu bersaglio della gazzarra nazista: alla fine del 1931 le nubi sulle attività culturali in cui era vivace la presenza di comunisti e, soprattutto, ebrei stavano già chiaramente addensandosi.
Musica d’uso e musica didattica
Nel fervore culturale di questi anni domina la figura dell‘architetto Walter Gropius (1883-1970): la scuola da lui fondata, il cosiddetto Bauhaus, operante dal 1919, si fondava sull’idea che l’impegno politico dell’artista doveva coincidere con il suo contributo alla costruzione di un mondo migliore perché più razionale; ma per far questo l’artista deve edificare (bauen, appunto), deve cioè diventare artefice, costruire gli oggetti della vita comune, dai piccoli oggetti alla casa, alla città: “Concepiamo insieme e creiamo il nuovo edificio del futuro,
che sarà alzato verso il cielo dalle mani di milioni di lavoratori, come il simbolo di cristallo di una nuova fede”. Questo richiamo alla concretezza, all’impegno civile e all’eliminazione degli steccati tra artigianato e arte ebbe chiari riflessi in una vita musicale dove, come abbiamo visto, musicisti importanti non disdegnarono le piccole forme e le facili scritture per collaborare fattivamente con registi e attori. In questo stesso spirito musicisti come Hindemith, Weill o Eisler pubblicarono raccolte di Gebrauchsmusik (musica d’uso) per fornire alla didattica musicale, anche la più elementare e non professionalizzante, prodotti semplici ma di buona fattura. In questo spirito vennero concepiti anche i Lehrstücke (Drammi didattici), chiara espressione dell’intento educativo e rivoluzionario, in particolare nel teatro di Brecht e di Piscator. Con musiche di Weill furono rappresentati il Lindberghflug (1929, Il volo di Lindbergh) e, memorabile, Der Jasager (1930, Colui che dice sì), che nei due anni seguenti ebbe 300 repliche. [...]
Zeitoper: la banalità del moderno
Da questa precisa volontà di “scendere dal piedistallo” della sacralità dell’arte colta, nasce a Berlino, negli ultimi anni del secolo, un’ulteriore versione della modernità musicale: quella che, con un occhio al mondo del jazz, fu inaugurata da Ernst Krenek con l’opera Jonny spielt auf (1927), a cui si fa risalire il genere della Zeitoper, termine che contiene l’idea della contemporaneità e della modernità. Seguirono, di Paul Hindemith, Hin und zurück (1927) e Neues vom Tage (1929). E, di Weill, Der Zar lässt sich photographieren (1928), e Die Bürgschaft (1932). Anche Schoenberg, sorprendentemente, diede un contributo al nuovo genere con Von Heute auf Morgen (Dall’oggi al domani) (1930) su soggetto scritto dalla moglie Gertrud: vi si rappresentano insipidi bisticci coniugali, regolarmente ripetitivi “dall’oggi al domani”. In realtà è l’esatto contrario di una adesione al genere: ne è una messa in ridicolo e una forte forzatura, ottenuta con un’ardua scrittura dodecafonica che vorrebbe dimostrarsi idonea ad affrontare anche simili sciocchezze. Memorabile, a mio parere, è la rappresentazione dell’inautentico (il tenore amoroso, in particolare) mediante una scrittura di grande, falso, lirismo e di scoperto riferimento alla tonalità.
Il primato nella radio e nel cinema
La vita culturale della Repubblica di Weimar ebbe un’intensificazione negli anni in cui la tremenda crisi politica e finanziaria tra il 1919 e il 1924 fu superata, dal 1925, con la rinegoziazione delle indennità di guerra, con la nuova moneta, con il rilancio della produzione industriale e con una relativa stabilità politica. In quella fase positiva - che durò fino al sopraggiungere in Germania delle conseguenze del crollo di Wall Street del 1929 - il riordino delle finanze pubbliche ebbe una diretta buona conseguenza sull’attività dei teatri (di prosa e operistici) e delle orchestre, che godettero di importanti sovvenzioni da parte del governo del Land prussiano e della municipalità; ciò anche in presenza di attività scopertamente avverse al governo socialdemocratico, come fu il caso del teatro di Piscator e di Brecht. Con l’apertura, infine, delle trasmissioni della Reichs-Rundfunk-Gesellschaft (Rrg) di Berlino nel 1925 si realizzava su un terreno imprevisto l’auspicato coinvolgimento negli eventi culturali di un pubblico molto più vasto di quello del teatro dell‘Opera, del teatro di prosa e del teatro di cabaret messi insieme. Dalle biografie di quasi tutti gli artisti che abbiamo citato nelle pagine precedenti emerge che tutti collaborarono in varia forma alle trasmissioni della radio di Berlino e che in quegli studi avvennero incontri gravidi di future collaborazioni tra drammaturghi, letterati, musicisti.