TUTINO FALSCHER VERRAT
INTERPRETI T. Takada, M.M. Kasztelan, A. Hauzer DIRETTORE Georg Fritzsch
ORCHESTRA Theater Kiel
REGIA Daniel Karasek
TEATRO Theater Kiel ★★★
“La partitura non commenta i fatti, ma li conchiude come un’onda che si è abbattuta sui naufraghi”
Sono tutti colpevoli e tutti innocenti i personaggi di Falscher Verrat (Falso tradimento), prima opera in tedesco scritta da Marco Tutino (e da un italiano che non parla questa lingua). L’ha commissionata il Teatro di Kiel, città baltica che è anche il palcoscenico reale dei fatti accaduti cent’anni fa, ovvero l’ammutinamento dei marinai della Kaiserliche Marine, che nel novembre 1918 si rifiutarono di sferrare l’ultimo attacco suicida alla Royal Navy, una sorta di Potëmkin in chiave guglielmina. Tutino non commette l’errore di prendere derive magniloquenti e, aiutato dall’incalzante libretto di Luca Rossi, seziona la portata storica gigantesca dell’evento a un triangolo amoroso sghembo, nel quale l’ufficiale Arno (nonché genero dell’ammiraglio) trama un ammutinamento per salvare i suoi uomini da un’inutile carneficina, ma poi finisce per andare a letto con la prostituta di cui è innamorato proprio il suo marinaio Gabriel. Ecco il corto circuito: il tradito (si fa per dire, con cotanta fidanzata) per vendetta rivela tutto al capo supremo, pur sposando intimamente la causa della ribellione. Finirà in dramma per tutti: vergognandosi per la promozione ottenuta con la delazione, Gabriel anima i rivoltosi, ma dilaniato dai rimorsi e dal suo doppio tradimento (doppio, quindi falso) si precipita sulla spada sguainata di Arno, che poi verrà ucciso nella calca rivoluzionaria. A differenza di Miseria e nobiltà, Tutino spazza via tutti i debiti cinematografici, teatrali e folklorici della sua ultima opera. Con mano più libera e un uso coloristico delle percussioni (rototom, tamburi, batteria, campane tubolari) dirige l’incedere degli eventi senza requie, mentre esplosioni melodiche affidate agli archi fanno capire quando il livello di compressione dei sentimenti ha raggiunto il parossismo. I colori e la pasta sonora sono densi come l’acqua del Baltico in autunno, la tensione sempre a fuoco. La partitura non commenta i fatti, ma li conchiude come un’onda che si è abbattuta sui naufraghi. Tutino è un narratore esterno che tratta tutti senza pietà, non concede indulgenza né all’uno né all’altro dei duellanti. I due tradimenti, del resto, sono falsi perché non riconosciuti da nessuno, e in questa eterogenesi dei fini la sconfitta è dietro l’angolo qualunque causa si abbia deciso di sostenere. Daniel Karasek firma una regia per prudenza e necessità didascalica, e fin troppo redentiva quando accetta di resuscitare (letteralmente) i cadaveri dei due falsi traditori, accompagnati dalla comune amante verso un ignoto altrove. Applausi convinti nel piccolo teatro di Kiel e repliche prolungate fino a maggio.