Ritorno tra i SASSI
L’opera d’ispirazione franco-italiana protagonista di un festival barocco che valorizza il gioiello urbanistico della città lucana
DUNI LE RETOUR AU VILLAGE
INTERPRETI V. La Grotta L. Simonetti, A. Di Santo F. Amoroso
DIRETTORE Sabino Manzi REGIA Ulderico Pesce ORCHESTRA BAROCCO E CORO del Festival Duni TEATRO Comunale ★★★
Dall’antica commedia francese a Renato Pozzetto, il plot del rustico che si trova catapultato a corte e ne esce scornato vanta centinaia di casi. “Ne ha fatte quante Bertoldo in Francia” è un modo di dire che deriva da titoli popolari e, per spasso, immortali che s’ispiravano al goldoniano Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno. Al femminile Bertoldo fa Ninetta. E infatti Ninette à la cour di Favart (1755) è il precedente più diretto di questo curioso ibrido operistico di Egidio Romualdo Duni. Il compositore materano lo scrisse per la regia di Colorno quand’era al servizio del Ducato di Parma dove, per le smanie francesizzante di corte, si disponeva di una compagnia d’oltralpe. Ne nacque un opéra-comique sui generis. Perché quasi priva dei parlati, ma colma di quello spirito sagace che musicalmente si esprime in airs, couplets e ariettes, non senza alludere alla distinzione tra musica cortese e rusticana. Duni partì da Matera e arrivò a Parigi passando per Parma. Un autentico intellettuale dell’Illuminismo europeo.
A lui è intitolato il festival sei-settecentesco che nella città dei Sassi mancava. Le edizioni precedenti - tranne l’ultima - erano infatti “generaliste”. Invece quel sorprendente teatro barocco che è il “piano” materano si meritava una rassegna ad hoc. Che è nata. E che deve sopravvivere alla euforia che in questi giorni si respira nella “capitale europea della cultura”. C’è un’identità internazionale e turistica da sviluppare con appuntamenti qualificanti, oltre l’indigestione di “eventi” targati 2019. Matera crocevia del barocco musicale mediteranneo? La serie ideata da Dinko Fabris ci sta provando dislocando i concerti (fino al 15 dicembre) tra architetture sacre e ipogei scavati nel tufo. Alternando polifonie lusitane, passioni napoletane e danze seicentesche dell’America latina. Sparigliando pure con l’antico riletto in chiave elettronica da Fabrizio Festa
e Cristina Zavalloni.
Di questo percorso l’“opéra-comique pantomime” di Duni è stato l’avvio. Esibendo la voce fresca, pungente di Valeria la Grotta, quella più tonante di Luca Simonetti, mentre il “prince” era Angelica Disanto opportunamente en travesti. La partitura “critica” curata da Lorenzo Mattei è stata eseguita da coro e orchestra del festival, diretti con un certo piglio da Sabino Manzo, a parti reali e dunque troppo esposte per non risultare esili e imperfette. Invece lo spettacolo di Ulderico Pesce, attualizzato con spirito e gusto disinibito, era inventivamente mosso per restituire la vocazione bilingue e “transgender”, tra Italia e Francia, opéra e ballet.