Album di Luca Chierici Paul Badura-Skoda, classicismo illuminato
Musicista e didatta dedito alla “Wiener Klassik”, BaduraSkoda fu il primo a interpretarla con gusto e stile autentico. Lo ricordiamo con Schubert. E un inedito Rossini eseguito alla fisarmonica
Non c’è peggior servizio che si possa compiere, nel parlare di un personaggio famoso, che lo scadere nell’agiografia: ne va dell’integrità e dell’obbiettività del giudizio e soprattutto si crea un falso storico che rischia di confondere le acque per sempre. Il ricordo di Paul Badura-Skoda (1927-2019), artista che ha avuto una considerevole importanza nella storia del concertismo della seconda metà del secolo scorso e personaggio di una simpatia incredibile, non deve prescindere dal considerare una carriera che ha attraversato diversi momenti in un periodo molto lungo che va dalla fine degli anni 40 fino a pochissimi mesi fa. Se è difficile oggi decidere quale sia stato il “vero” pianista (il virtuoso dei primi quindici anni? Il docente e studioso illuminato del periodo successivo che era a volte falloso nel momento del contatto con il pubblico? Colui che aveva riconquistato una grande saggezza e libertà di espressione nell’ultimo periodo?) si può alla fine concludere che la sommatoria di queste caratteristiche porta a un giudizio globale più che positivo. E se forse Badura-Skoda non entrerà nella ristretta rosa dei massimi esponenti dell’arte pianistica nel secolo scorso la pubblicazione di una considerevole parte del suo lascito discografico in cd (The Paul Badura-Skoda Edition, Deutsche Gramophon) riunisce finalmente una serie di registrazioni che partono dagli anni 50 e che erano di difficile reperibilità. Un lascito che ci permette oggi di considerare i multiformi aspetti di un repertorio gigantesco. Se posso citare dei ricordi personali, ebbi il mio primo contatto con l’arte di Badura-Skoda nel lontano 1963 nel corso di un recital tenuto per i Pomeriggi Musicali di Milano, ma nella
sede del Teatro Lirico. Mia madre, che mi aveva accompagnato e che non era una musicista professionista, mi aveva fatto notare che non ero stato molto attento, come invece era capitato nel caso di Rubinstein. Come fa un bambino di nove anni a seguire un programma che inizia con una selezione dell’Arte della Fuga e che continua con l’op. 110 di Beethoven? Più tardi ci fu il periodo della conoscenza e della frequentazione dell’artista nel corso dei suoi concerti a Milano e al Festival di Brescia e Bergamo. Grande affabulatore, Badura-Skoda era una miniera di informazioni (mi pento di non avere avuto all’epoca la capacità e la conoscenza adatte per estorcerne di preziose) ma come pianista concertista attraversava un momento storico non certo favorevole. Suonare in pubblico (maggio 1982) una “106” di Beethoven molto approssimata in un’epoca in cui ci eravamo abbeverati a dosi di Pollini, Brendel e Serkin, che si potevano ascoltare facilmente al Conservatorio di Milano e alla Scala, era un velleitario tentativo di restare in sella in un periodo in cui il gusto e le prospettive pianistiche erano totalmente diverse. D’altra parte non sarebbe corretto dire che il Badura-Skoda del periodo precedente, che si ascoltava attraverso qualche lp edito dalla mitica Bruno Walter Society, fosse solamente un virtuoso. I titoli compresi nei suoi primi dischi, i suoi programmi pubblici mostrano infatti una considerevole predominanza del repertorio classico, accanto ad elementi inaspettati come la Seconda Rapsodia ungherese di Liszt, le Fantasie su temi di Strauss jr. messe a punto dallo stesso pianista, due Sonate di Hindemith e il Concerto di Scriabin. E tuttavia ancora nel 1995 (al termine di un recital alla Società dei Concerti di Mlano) Badura-Skoda si poteva permettere di sfoggiare un certo virtuosismo nell’accattivante “Pizzicato-Polka” di Strauss-Schulof. Badura-Skoda era stato “individuato” nientemeno che da Furtwängler e Karajan già nel 1949 e chiamato a collaborare con loro. Una carriera americana di straordinario impatto lo porta a suonare moltissime volte negli States durante gli anni 50 presentando programmi in cui dominano Mozart, Beethoven e Schubert ma si trovano anche lo Schumann della Prima Sonata, il Brahms dell’op. 5, Gaspard de la nuit di Ravel e la Terza Sonata di Chopin. Già nella seconda metà degli anni 60 il repertorio si concentra sui classici, per stabilirsi poi definitivamente su quelli, con pochissime altre concessioni. Il Badura-Skoda che si poteva quindi conoscere negli anni 70 e 80 è già lo studioso cesellatore di sonorità “autentiche” studiate sui pianoforti d’epoca, e dei fraseggi approfonditi con la moglie Eva nel corso di anni di studio formale e di pratica concertistica. L’apice della carriera, in tal senso, venne raggiunto probabilmente attorno al 1970, quando BaduraSkoda presentò ad esempio l’integrale delle 32 sonate di Beethoven a Parigi in un connubio difficilmente superabile di arte interpretativa, filologia, tecnica. Poi un lento declino a partire dagli anni 80 e 90, pur sorretto da una musicalità sempre straordinaria, la sempre maggiore fama di studioso e docente (i suoi allievi lo adorano), la ricerca di particolari espressivi nuovi e documentabili attraverso la paziente ricerca di testi originali e di cronache d’epoca. Un pianista che oggi è doveroso studiare e approfondire in tutta l’interezza del suo percorso artistico, anche attraverso la pubblicazione di documenti che erano ancora rimasti allo stadio del vinile. Uno degli esempi che non sono stati ripescati dalla Dg è la prima versione del famoso Quintetto “La Trota” di Schubert, inciso nei primi degli anni 50 accanto al violinista Anton Kamper, la viola di Erich Weiss, il cellista Franz Kwarda il contrabbaso di Joseph Hermann. Il capolavoro schubertiano venne poi reinciso da Badura-Skoda altre volte (il box Dg contiene la registrazione effettuata accanto al Barylli Quartet e al contrabbassista Otto Ruhm). Dal fruscio di questo vecchio Lp si distingue lo stile brillante di Badura-Skoda, sempre sorretto da un gusto viennese inarrivabile e da una conoscenza sopraffina delle possibilità della tastiera. Un reperto ancora più antico e raro (1942) per i nostri lettori ci fa poi ascoltare un giovane Badura-Skoda alla fisarmonica che fa gli auguri alla “Liebe Mutti” suonando nientemeno che la Sinfonia della Gazza ladra di Rossini: si tratta di una piccola perla che ci ricorda il carattere scherzoso e gioioso dell’artista, che tra le altre cose era ghiotto di tiramisù, o di “Zieh mich hinauf” come lo traduceva per l’inseparabile moglie.