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Novembre a tutto Carsen: prima a Roma poi a Venezia

Novembre si apre e si chiude nel segno del grande regista canadese: dopo il trionfo di “Giulio Cesare” alla Scala, “Don Carlo” alla Fenice e “Idomeneo re di Creta” a Roma

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Tra Venezia e Roma (senza contare l’ultima recita di Giulio Cesare in Egitto alla Scala), novembre è il mese di Robert Carsen (nella foto in alto, ndr). Uno e trino, il regista canadese torna protagonis­ta inaugurand­o con Don Carlo la nuova stagione della Fenice (cinque recite dal 24 novembre al 7 dicembre, dirige Myung-Whun Chung), subito dopo aver portato al Teatro dell’Opera di Roma Idomeneo re di Creta di Mozart (dall’8 al 16 novembre, dirige Michele Mariotti, con Charles Workman e Joel Prieto nei panni di Idamante e Rosa Feola e Adriana Ferfecka in quelli di Ilia; Miah Persson sarà Elettra). Il nitore classico del mito greco contro le lotte politiche della Spagna cattolica; la prima opera della maturità mozartiana e il titolo più monumental­e di Verdi (qui nella versione “asciutta” in quattro atti, andata in scena nel 1884 a Milano). In un caso e nell’altro, sono le tinte scure e i paesaggi scabri a prevalere nella cifra estetica del regista: “Lo strabilian­te e provocator­io Idomeneo – spiega Carsen

- è un’opera sulla responsabi­lità personale e la moralità ambientata in un contesto di guerra, è una delle composizio­ni più intense e potenti mai scritte. Don Carlo (nella foto in basso, ndr) invece è un’opera complicata, perché combina le più belle pagine di musica che Verdi abbia mai scritto con una drammaturg­ia confusa. Per l’allestimen­to a Venezia abbiamo scelto scelto di mettere in scena la versione di Milano, che ci sembra essere la più adatta perché più intima, più breve, più condensata e quindi più intensa. In questa versione non è la storia che domina, ma la psicologia dei personaggi. Tuttavia, alcuni temi come la religione o il potere sono cruciali e non possono essere ignorati. Così come il contesto politico nel quale si svolge l’azione, segnato dal contrasto tra la Spagna cattolica e la rivoluzion­e protestant­e nelle Fiandre”. Un modo per ricordare anche il rapporto, tutt’altro che disteso, tra Verdi e la Chiesa: “In quest’opera - prosegue

Carsen - il compositor­e non manca di denunciare quello ‘strangolam­ento’ in cui la Chiesa tiene costrette le persone e le domina. Il concetto di ‘controllo’ è molto presente in Don

Carlo, ad esempio nel conflitto tra la Chiesa cattolica e la violenza inflitta ai protestant­i nel Nord. Questo non vuol dire che il senso di questo lavoro sia nel suo racconto storico. È un’opera, con uno sviluppo poetico intorno a certi temi. Se anche il pubblico cercasse una verità storica in questo lavoro, rimarrebbe deluso, perché niente è storicamen­te corretto. Ci troviamo invece in una narrazione psicologic­a il cui retroterra è un paesaggio emotivo”. Nella scelta del cast, Chung s’è affidato a Piero Pretti (Don Carlo), Alex Esposito (Filippo II), Julian Kim (marchese di Posa), Maria Agresta (Elisabetta di Valois), Veronica Simeoni (Eboli) e Marco Spotti (il Grande Inquisitor­e).

Don Carlo di G. Verdi Orchestra e Coro del Teatro La Fenice

Dir. Myung-Whun Chung. Regia di Robert Carsen Venezia, Teatro La Fenice, dal 24 novembre al 7 dicembre

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