VINCI
VENI VIDI VINCI
CONTROTENORE Franco Fagioli DIRETTORE Zefira Valova ORCHESTRA Il Pomo d’oro CD Dg 4838358
★★★★★
Nata musicalmente dalla scrittura di Francesco Provenzale, l’opera buffa napoletana di casa al Teatro dei Fiorentini fu la vera ventata di modernità che squassò il terreno operistico di primo Settecento: e le commedie composte da Leonardo Vinci ne sono l’indiscusso perno, apice quelle Zite ‘n galera di cui Francesco Florio diede in disco interpretazione inarrivabile dopo il celeberrimo spettacolo di De Simone degli anni Settanta. Ma Vinci non poteva certo snobbare il sacrario dell’opera seria costituita dal Teatro San Bartolomeo: per il quale scrisse difatti sei titoli accolti da successo così trionfale da procurargli scritture ovunque, cosicché all’opera seria finì col circoscriversi. Peccato, ma nondimeno i suoi venticinque titoli ne fanno compositore tra i massimi del grande repertorio barocco che (forse) anche da noi si comincia a comprendere quanto ricco sia di sostanza musicale e possibilità teatrali. Però c’è un cospicuo limite: non lo si può fare con le mezze calzette, occorrono cantanti di livello tecnico eccezionale. Per giunta, l’eterno problema delle scritture per castrati: trasponiamo per voci maschili? Mezzosoprani en travesti? Controtenori?. Le cocorite nostrane starnazzano inorridite a quest’ultima opzione che invece è ormai quella di prammatica ovunque (e
Marilyn Horne, idolo di dette cocorite, la sostiene energicamente con masterclass appunto controtenorili): e sono fiorite voci di livello tecnico via via sempre più eccezionale, dai lontani David Daniels e Andreas Scholl agli attuali Benjun Mehta, Christophe Dumaux, Max Cencic, Philippe Jaroussky in singolar tenzone (e magari ci fosse tenzone altrettanto serrata tra i baritoni verdiani!). Ma forse mezza spanna al di sopra di tutti sta l’argentino Franco Fagioli. Un virtuosismo alla Bartoli nel canto di sbalzo più esasperato e nelle colorature le più funamboliche, con in particolare una padronanza del trillo che lo pone al di fuori d’ogni confronto odierno; ma Bartoli esempio valido anche nelle pagine patetiche, dove il colore brunito del timbro s’effonde in arcate sonore lunghissime e d’intensità espressiva stupefacente, toccando una gamma fenomenale di colori, ivi compreso il non-colore di certe effusioni attonite e diresti fin straniate, che in questo repertorio ancora non s’erano sentite, ma sono ennesima conferma delle sue infinite possibilità teatrali. Un must assoluto.