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Riceviamo e pubblichiamo (in forma ridotta, ce ne scusiamo, per evidenti limiti di spazio)
Leggo un articolo di Sandro Cappelletto pubblicato il mese scorso su “Classic Voice” (L’enigma Sollima, p. 17, ndr). Non ho nulla contro le critiche, non mi spaventano, anzi, trovo siano grandi insegnamenti, suggerimenti, stimoli. Tuttavia in questo articolo riscontro diverse inesattezze e - soprattutto - leggerezze, molte delle quali per nulla corrispondenti a ciò che in realtà tento di fare. Si menzionano due lavori, uno non nuovo ma di recente pubblicazione in cd (Natural Songbook) e l’altro abbastanza recente - risale a poco meno di un anno fa - il Concerto per mandolino e orchestra composto per Avi Avital e dallo stesso eseguito in gennaio a Torino con l’Orchestra della Rai. In un articolo che non esito a definire bipolare, si racconta di due peculiarità in conflitto, una - quella esecutiva - valida
(con esagerati riferimenti a grandi personalità del violoncello come il grande e unico Slava [Rostropovic]) e l’altra - quella compositiva - rinunciataria. A supporto di tutto ciò vengono fornite poche laconiche informazioni o riferimenti estetici che sento il bisogno di chiarire una volta per tutte. Natural Songbook non è un lavoro nuovo, o meglio, è un lavoro cresciuto liberamente nel tempo, un tempo lungo, circa 12 anni, ed è il risultato di viaggi, annotazioni, quasi un diario, iniziato nel 2005 e concluso nel 2017 con il Concerto per violoncello di ghiaccio e orchestra; tutto in buona parte rimasto per anni chiuso nella mia sfera privata, tra appunti e spontanei studi di lingue, dialetti e canti popolari. Al prof. Cappelletto forse è sfuggito di leggere le note di presentazione pubblicate nel booklet e scritte di mio pugno nelle quali - credo con semplice sincerità - racconto tutto e, laddove non riesco con le parole, cerco di evocare immagini, odori, sapori, racconti di mio padre, ecc. Mi ritrovo addosso ancora una volta! - vecchie e depistanti etichette che non mi sono mai appartenute veramente ma che vengono fatte confluire in un paio di vaghe e semplicistiche definizioni. Una di queste è la Minimal Music, con cui non ho avuto mai a che fare. Nelle note descrittive, e nella musica, non dovrebbe essere passato inosservato a Cappelletto il riferimento a un’esperienza che mi è letteralmente rimasta attaccata al corpo, la “Notte della taranta”, manifestazione di cui lo stesso Cappelletto è stato direttore artistico per qualche anno. È così vergognoso o degradante parlarne? Raccontare cosa è stato per lui, per me, per le stupende voci salentine, per l’orchestra, per le 160mila persone presenti? Come si è straordinariamente radicata - o riconnessa - quella musica e quella cultura nella mia mente e nel mio corpo dato che - da persona del Sud - fin da bambino sono stato a contatto con quei ritmi, quei “diagrammi” melodici così paralleli a lingue e gesti e così rivolti, come finestre spalancate, ai Balcani? O vogliamo tacere su esperienze e incontri con suoni e canti che ci raccontano - immutati e tramandati - la nostra terra? Caro Sandro ciò di cui scrivi rappresenta un fallimento che non è certo il mio, dato che lavoro incessantemente pieno di incertezze e dubbi, un fallimento ridotto a una vaga e sintetica enunciazione di piccoli slogan, liofilizzati, triti e ritriti. Parole che descrivono qualcosa con uno scarto di alcuni decenni, ancorate ad estetiche che sono congelate nella storia. Anacronistiche. Credo che qualsiasi approccio rigido, conservatore o anche accademico non agevoli l’accostarsi a qualcosa che trae spunto da materia fortemente anti accademica.
Caro Giovanni, grazie per l’attenzione e per il ritratto del tuo essere musicista che ci proponi. Sono certo che i tuoi futuri lavori - ai quali auguro ogni successo - sapranno smentire le mie riflessioni, in verità non così accademiche. Hai ragione, l’esperienza della Notte della Taranta - alla quale ti ho invitato come maestro concertatore per due edizioni - rimane attaccata alla pelle. (S.C.)
“O vogliamo tacere su esperienze e incontri con suoni e canti che ci raccontano la nostra terra?”