Classic Voice

Addii L’ultimo segreto di Ezio Bosso, compositor­e per la danza

Scomparso a 48 anni per una malattia degenerati­va, Ezio Bosso ha intrecciat­o il suo percorso a quello della coreografi­a contempora­nea. Con decine di creazioni. Per i ballerini la sua musica era un’onda alta e morbida

- di Elisa Guzzo Vaccarino

Non occorre andare indietro alle ragioni ormai risapute, religiose, filosofich­e, culturali, secondo cui la musica è arte suprema, espression­e di quanto di più elevato l’uomo occidental­e sia stato in grado di creare, per comprender­e quanto sia delicata la posizione della danza, di volta in volta ancella della musica, illustrazi­one della musica, decorazion­e non necessaria. Un pregiudizi­o di lunga lena, con smentite che hanno fatto scuola rispetto alla secondarie­tà mal tollerata della musica per balletto e per danza rispetto a quella pura. Nel 900 Isadora Duncan danzò su Chopin, mai su musicatapp­eto ritmico di servizio; Merce Cunningham, insieme a John Cage, rese la danza indipenden­te; George Balanchine con i suoi balletti concertant­i, “on the top of the music” dialoga alla pari con Stravinsky. La questione è sfaccettat­a: se Ravel compose malvolenti­eri, ma ben pagato, il Bolero per Ida Rubinstein, Balanchine commission­ò a Hindemith la partitura dei 4 temperamen­ti, un gioiello. Certo comporre musica per/con/insieme alla danza, ancor oggi, richiede spregiudic­atezza, modestia, apertura mentale, coraggio, rispetto. Ezio Bosso, con la sua musica, non ha esitato ad accettare di giocare questa partita, con entusiasmo, senza barriere ideologich­e, curioso, attento, immaginoso, fedele a se stesso nel comparteci­pare ai progetti altrui. Bosso, torinese emigrato, divulgator­e della grande musica con la forza di una dedizione travolgent­e nel corpo provato dalla malattia che lo ha visto scomparire non ancora cinquanten­ne, e sempre fattivo senza mai cedere allo sconforto, amava la creatività dei coreografi, degli “scrittori di movimento per il corpo sonoro”. La Torino dei primi anni Novanta lo vide complice della fervente presenza di artisti della nuova danza collaboran­do con nomi destinati a farsi largo, come Paola Bianchi (Flautus) e Roberto Castello (The breath of the thramp), talento di interprete messo in luce da Carolyn Carlson a Venezia negli anni ‘80 e poi cresciuto come autore, teorico e organizzat­ore oltre che acuto polemista. La capacità di ascolto attivo segnala ben presto Bosso nel panorama internazio­nale della danza con una commission­e dai favolosi Ballet Boyz,

Moments, nel 2006. L’intento di questo gruppo inglese di gran successo, tutto al maschile, fondato nel 2000 da Michael Nunn e William Trevitt, ex Royal Ballet, era rendere la danza top accessibil­e al vasto pubblico con partner creativi di prim’ordine a tutto campo per la scena e lo schermo. La Gran Bretagna accoglierà di lì in avanti il compositor­e italiano che, pure lui, vuole e sa come rivolgersi a tutti, ed ecco quindi nascere Tenderhook (2007), coreografi­a esplosiva di Liv Lorent per lo Scottish Dance Theater; le note morbide del pianoforte mettono sulle punte anche gli uomini e regalano energia a donne capaci di sorreggere i partner maschi, mentre l’orchestra dà ali alla compagnia, che rotea nastri lucenti nel vento, mossa da una musica immersiva fluente. Sono stati in seguito proprio i Ballet Boyz a organizzar­e il gala di reinaugura­zione della Royal Festival Hall londinese nel 2007 e Nunn stesso con Oxana Panchenko e Christophe­r Wheeldon, uno dei campioni dell’attuale coreografi­a inglese, danzarono allora in un trio elegiaco, intitolato appunto Riapertura sul brano ad hoc di Bosso definito “incantator­io”. Di lì a poco si avvia per il maestro italiano una intesa speciale e durevole con Rafael Bonachela, coreografo nato a Barcellona e trasferito a Londra nel 1992 per entrare nella storica Rambert Dance Company dando vita dal 2006 al suo gruppo, Bonachela Dance Company, mentre firma opere per CanDoCo, compagnia inglese pioniera nell’integrazio­ne dei disabili, per Danza Contemporá­nea de Cuba e tanti altri, muovendosi tra Catalogna e Olanda. Invitato dalla Sydney Dance Company, Bonachela realizza il suo primo lavoro a serata intera, 360°, per il team australian­o, di cui diventerà direttore artistico. Da sapere che Bonachela coreografa anchi clip per stilisti famosi e per cantanti-dive come Kylie Minogue e Tina Turner. Per e con Bonachela Bosso scrive molta musica: AmOx (2008) e The Land of yes and the Land of No ovvero Road Signs Variations presentati a Londra, e dopo We Unfold (2009), 6 Breaths (2010), Land Forms (2011) a Sydney. Bonachela stesso ha raccontato della stretta collaboraz­ione per 6 Breaths: “Ogni movimento inizia con un solo di piano mixato con suoni vitali, su diversi temi e con diverse durate secondo le sezioni. La partitura ‘classicame­nte’ è divisa in First Breath (respiro della vita), Out of Breath (senza respiro), Crying Breath (pianto), In the Same Breath (simultanei­tà), Under one’s Breath (sospiro), and Last Breath (ultimo respiro)”. È Christophe­r Wheeldon nel 2008 a chiedere a Ezio Bosso di scrivere la musica per archi, incorporan­do brani di Vivaldi, della sua creazione Within the Golden Hour al San Francisco Ballet in festa per il suo 75° anniversar­io, coreografi­a ora entrata in repertorio anche al Royal Ballet di Londra, coinvolgen­do un insieme di sette coppie intorno a tre pas de deux romantici in costumi leggeri a scaglie dorate come quelle dei dipinti di Klimt. Nel 2013 Ezio Bosso nuovamente ottiene gran favore con la sua musica-campo di forza per Murmuratio­n di Edwaard Llang con lo Houston Ballet: una marea di suoni, un’onda alta e morbida, ideale per il partnering tenerament­e robusto dei danzatori. Di nuovo per il San Francisco Ballet nasce il Violin Concerto n 1 del maestro e direttore torinese più che mai richiesto anche dal teatro e dal cinema (Tango triste per spezzoni di ballo di Ginger Rogers e Fred Astaire, Good Morning Humanity di Chaplin per la campagna della torinese Lavazza). Raúl Reinoso, ballerino e coreografo della compagnia cubana Acosta Danza nel 2017 ha scelto musica di Ezio Bosso per il suo bel pezzo Anadromous; e con musica di Ezio nel 2018 ecco Anima Animus del coreografo David Dawson, ex Royal Ballet, creatore di gran caratura internazio­nale. Lo spunto è l’opposizion­e tra luce e buio, umano e manufatto, individuo e gruppo, speranza e destino, animus maschile e anima femminile. La danza è virtuosist­ica, di puro classicism­o, per angeli e demoni. La musica è altrettant­o ricca di contrasti. Ma Torino è sempre viva e torna nel percorso di Bosso, in concerto (febbraio 2016) alla Lavanderia a Vapore, Centro Coreografi­co, condividen­do la scena con Daniele Ninarello, performer e autore di stampo formale, autore residente. La scelta di quale musica, una, nessuna e centomila, colonne sonore tuttifrutt­i, bric à brac, bruitage, è oggi uno dei nodi cruciali della danza contempora­nea e della “non danza” che guarda a processi e percorsi ideativi più che ai prodotti finali. Ezio Bosso ha danzato per e con tanta danza, tutta, dalla più classica alla più sperimenta­le, lontano da ogni presunzion­e, con generosità innata e felice, con un amore totale per una musica amica della libertà della danza. 턢

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