Cuore e CERVELLO
Napoli con le star in piazza. Palermo con un nuovo monodramma
PALERMO
MILCH-SHERIFF BEETHOVEN L’ETERNO STRANIERO MESSA OP. 86 DIRETTORE Omer Meir
Wellber ORCHESTRA E CORO del
Teatro Massimo TEATRO Massimo ★★★
NAPOLI
PUCCINI TOSCA VERDI AIDA DIRETTORI Michele Mariotti, Juraj Valcuha ORCHESTRA E CORO del
Teatro San Carlo PIAZZA del Plebiscito ★★★★
Due direttori musicali di fresche energie (uno entrante, Wellber, l’altro uscente ma corteggiato affinché rimanga, Valcuha) hanno trainato la ripresa musicale del Massimo e del San Carlo. Scelta coraggiosa quella di Palermo, che il 4 luglio ha offerto l’inedito dittico formato da “L’eterno viandante” della compositrice israeliana Milch-Sheriff (vedova del direttore Noam Sheriff) e della rara Messa op. 86 di Beethoven, innestata sulle ultime note di questo monodramma onirico per voce-attore recitante e orchestra (regia di Roberto Andò). Sheriff immagina un Beethoven-wanderer perso tra Siria e Arabia e infine Gerusalemme, proprio
come lo stesso compositore aveva sognato, annotando le immagini in una lettera all’editore Tobias Haslinger. La presenza dell’attore (Eli Denker) chiarisce il senso di questo monodramma della solitudine, la cui musica sia scabra sia sinuosa asseconda tra urti sonori ed echi nostalgici l’incedere di un pellegrino senza tempo né patria. La Messa di Beethoven, che attacca in pianissimo saldandosi a questo sogno, è invece la parte “conscia” di uno spettacolo da intendersi come creazione unica e che come tale avrebbe meritato una drammaturgia ad hoc anche nella seconda parte. A Napoli s’è giocata invece una sfida agli spazi aperti della piazza, dove pagando lo scotto dell’amplificazione si sono ascoltati in successione le stelle mondiali di ogni registro, dal tenore Kaufmann al soprano Netrebko, dal mezzo Rachvelishvili al baritono Tézier. Il mezzo miracolo lo fa Michele Mariotti, che non rinuncia a concertare anche in un ambiente acusticamente scoraggiante, facendo sentire tutto, compreso il delicato acquerello notturno del Nilo al chiaro di luna. La Tosca di Netrebko, Eyvazov e Tézier era solo apparentemente in forma di concerto. Quando il mestiere è quello, infatti, tutto diventa credibile anche in sottrazione. Di Tézier non si elogerà mai abbastanza la scolpitura perfetta della parola, nitida e levigata. Valcuha mostra di sapere benissimo che Tosca è opera pienamente del ‘900 e quando dirige fa già sentire i passi da gigante compiuti da Puccini verso le rivoluzioni che verranno.