Strauss BIFRONTE
Rielaborati in italiano, i due lavori presentati in Valle d’Itria divergono negli esiti
MARTINA FRANCA
STRAUSS ARIANNA A NASSO/IL BORGHESE GENTILUOMO
DIRETTORE Fabio Luisi/Michele Spotti REGIA Walter Pagliaro/Davide Gasparro CORTILE Palazzo Ducale ★★★★/★★
Anche a Martina Franca, al pari di tutti gli altri festival estivi, è stato necessario rivoluzionare il cartellone. Ne è emersa l’interessante proposta di presentare Arianna a Nasso non nella versione consueta bensì nella sua prima, che prevedeva l’ardita commistione della commedia di Molière Le bourgeois gentilhomme rielaborata e tradotta da Hofmannsthal, con l’atto unico Ariadne auf Naxos che prendeva il posto del balletto posto in chiusura della commedia. L’idea portante del festival martinese è stata di presentare la prima versione di Ariadne (non una novità assoluta di per sé, ma lo è stata la moderna traduzione ritmica italiana; da Quirino Principe germanista e straussiano sommo ci si aspettava un lavoro raffinatissimo, ma il risultato è persino superiore alle attese); a seguire, la sera dopo, un Borghese gentiluomo in cui il testo di Hofmannsthal non c’è, sostituito da tre monologhi - lunghi e a vero dire parecchio banali nel loro sciorinare triti luoghi comuni - scritti da Stefano Massini e recitati dal regista dello spettacolo Davide Gasparro, in cui s’inserivano le invece bellissime musiche di scena straussiane: suonate assai bene dall’orchestra barese diretta con grande garbo e ineccepibile stile da Michele Spotti; e cantate molto bene da Vittorio Prato ma purtroppo molto male (proprio molto) da Barbara Massaro e Ana Victoria Pitts. Tutt’altra, la serata di Ariadne. Grande e piacevolissima sorpresa, innanzitutto, l’orchestra barese. E Luisi, che di Strauss è non da oggi interprete di riferimento, l’ha impiegata in guisa di duttile tavolozza per un quadro tutto morbidi chiaroscuri, soffuse velature, languida sensualità alla Watteau che però svaporava in una sorta di stuporosa melanconia. Voci e strumenti rese dalla concertazione un amalgama perfetto. E assai di rado, in tempi recenti, quest’opera è stata cantata altrettanto bene. Carmela Remigio - mozartiana che da vent’anni almeno non ha chi l’abbia mai superata per tecnica, stile, musicalità, accento - s’è rivelata strepitosa straussiana. Linee vocali immacolate, che inarcano le lunghe, lunghissime gettate così tipiche di Strauss con morbidezza, omogeneità, compattezza tutte mirabili. Jessica Pratt, alle prese con una Zerbinetta resa dalla prima versione ancor più funambolica, domina le infernali girandole di sovracuti e colorature con aplomb da suprema virtuosa: tanto suprema da badare abbastanza poco di accendere quelle girandole di sensuale ironia. Piero Pretti è Bacco. Sentire il duetto Bacco-Arianna così limpido, intonato, tutto eleganza raffinatissima perché in apparenza privo di alcun problema nel reggerne le linee (che è virtuosismo tra tutti supremo), è stata un’esperienza davvero rara. Lo spettacolo in pratica si regge per intero sugli splendidi costumi di Giuseppe Palella, dato che la regia è solo un succedersi di entro-sto-esco-ritorno, con talune citazioni sul tipo testa taurina allusiva al Minotauro fratellastro di Arianna nonché il filo di quest’ultima, qui rosso forse per via del sangue ma forse anche no.