CHERUBINI
MEDEA
INTERPRETI M. Callas, M. Picchi, R. Scotto, M. Pirazzini, G. Modesti DIRETTORE Tullio Serafin ORCHESTRA Teatro alla Scala
3 Ricordi MRO LP VINILE
101/2/3
Iniziativa estremamente raffinata, di quelle che qualcuno potrebbe persino definire un po’ snob, questa di ripubblicare non in cd bensì in tre vinili - e solo 500 copie numerate - l’incisione che nel settembre 1957 costituì (su ferrea iniziativa del bisnipote di Giulio Ricordi, Carlo Emanuele da tutti chiamato Nanni) l’ingresso nel mercato discografico di Casa Ricordi (seguirono diverse altre chicche classiche - tutte previste in ristampe analoghe - prima che la Ricordi si lanciasse nella “leggera” promuovendo un buon numero di cantautori quali Paoli, Gaber, De André, Battisti). Iniziativa sacrosanta, quella di Nanni, che per l’ennesima volta dimostra sul campo quanto poco lungimirante e di fama parecchio sopravvalutata fosse la figura del record producer della Emi, Walter Legge. Il quale non capì mai a fondo quale artista avesse sotto contratto in esclusiva, e ritenendo poco commerciale il vero repertorio della Callas non pensò mai a Medea, Alceste e Ifigenia in Tauride, ma soprattutto Macbeth (e aveva sotto contratto Tito Gobbi!) per non dire del nessuno sforzo per Anna Bolena; e si potrebbe continuare con molte altre miserie. Onore dunque al merito di Nanni, che pervicacemente volle un documento in studio d’uno dei personaggi che Maria Callas più marcò a fuoco con la sua personalità. La registrazione, a dire il vero, non riuscì in modo ottimale: molto ha apportato il remastering attuale, tuttavia, e comunque resta sempre di molto superiore ai diversi documenti dal vivo che le fanno corona nei cataloghi una volta chiamati “pirata” (ricordo sempre con divertimento l’etichetta Morgan Records che pubblicò l’ectoplasmatica captazione della Medea scaligera del ’53 diretta da Bernstein…).
Di elevare inni all’interpretazione della Callas non mi pare il caso: come sacrosantamente dimostrò John Ford nel suo Liberty Valance, quando leggenda e realtà si fronteggiano, vincerà sempre la leggenda. E dunque sì: filologicamente siamo su un altro pianeta (lingua italiana anziché francese, tagli, dialoghi sostituiti dai recitativi composti da Franz Lachner ottant’anni dopo con frattura stilistica più che evidente, accento con diverse striature che si potrebbero definire veriste se il termine volesse davvero significare qualcosa), e sul fronte del fraseggio c’è una sorta di strano riserbo, di compostezza insolita nel realizzare un personaggio da cui si era soliti percepire vampate di zolfo luciferino. Tutto vero. Ma è la Medea di Maria Callas, restituita nel modo più attendibile: basta una frase sola, e la leggenda vince ancora.