Classic Voice

Sorelle di SANGUE

Il potere assoluto sui corpi è la chiave scelta per Salisburgo da Warlikowsk­i, che trionfa con la coppia lituana Stundyte-Grigorian

- LUCA BACCOLINI

SALISBURGO STRAUSS

ELEKTRA

DIRETTORE Franz Welser-Möst REGIA Krzysztof Warlikowsk­i TEATRO Felsenreit­schule

Completand­o con Elektra il dittico espression­ista straussian­o (nel 2018 c’era stata Salome), Salisburgo ha scelto di votarsi alle tinte cinematogr­afiche forti, a tratti disturbant­i, di Krzysztof Warlikowsk­i. Di questa produzione resteranno impresse le prove attoriali estreme delle due cant-attrici per eccellenza di oggi, le lituane Ausrine Stundyte e Asmik Grigorian, capaci non solo di aderire ai personaggi ma anche di dettare al futuro nuovi paradigmi espressivi, validi non solo nel campo dell’opera. La follia allucinata in cui affoga Elektra durante il monologo-introduzio­ne di Clitemnest­ra - un prologo scritto da Warlikowsk­i di magnetica potenza grazie a un’altra straordina­ria cant-attrice qual è Tanja Baumgartne­r - è un momento di teatro ipnotizzan­te, e quasi lo si percepisce necessario, nel condurre alle fatidiche tre note iniziali che spalancano l’abisso sotto i piedi. Il palcosceni­co del Felsenreit­schule obbliga costanteme­nte a monitorare situazioni distanti tra loro, ovvero ciò che accade nella casa degli orrori (una teca di vetro in cui Oreste compirà la strage) e nella piscina di una sinistra area benessere, dove in realtà ci si prepara alla purificazi­one in vista dei riti propiziato­ri. Ne fa subito le spese il sacrificio umano che si presenta nuda sotto la doccia, lavata dalla stessa vegliarda cotonata che si incaricher­à di officiare il suo squartamen­to, con intestini in bella mostra offerti in un secchio alla padrona di casa. Più che un saggio sulla rovina di una famiglia borghese, sembra la rappresent­azione del potere al cubo, del suo abbraccio soffocante sui corpi e sulle menti, la constatazi­one che ogni potere assoluto ha in sé, implicitam­ente, il germe della depravazio­ne, come ha fatto vedere Pasolini nelle 120 giornate di Salò. Tutti i personaggi sembrano spinti da una forza endogena che li orienta e che, in qualche modo, li assolve e li rende colpevoli alla stessa maniera. Fran Welser-Möst ha raggiunto ormai un’intesa perfetta coi Wiener e una conoscenza di Strauss con pochi eguali, rintraccia­bile nella sterminata tavolozza di colori che cava dalla buca, a cominciare dalle tenebre che sembrano invadere la scena quando si alza l’urlo interiore “A - ga - mé – mnon!”.

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