Classic Voice

“Colpisce nella ‘Settima’ la capacità di scatenamen­to immune da ogni pesantezza”

- PAOLO PETAZZI

BEETHOVEN

SINFONIE N. 7 9 E CIAJKOVSKI­J

SINFONIE N. 5 6 E SCHMIDT

SINFONIA N. 4 STEPHAN

MUSIK FÜR ORCHESTER

DIRETTORE Kirill Petrenko

ORCHESTRA Berliner Philharmon­iker

INTERPRETI M. Petersen, E. Kulman, B. Bruns, K. Youn

CORO Rundfunkch­or Berlin

5 CD E 2 BLU-RAY BPHR 200351 ★★★★★

Davvero non deludono queste splendide registrazi­oni compiute alla Philharmon­ie di Berlino nel 2012 (Stephan), nel 2017, 2018 e 2019, le prime finora pubblicate con Kirill Petrenko che dirige i Berliner Philharmon­iker. È del tutto naturale che in questa occasione abbiano un posto privilegia­to capolavori di Beethoven e Ciajkovski­j, per ciò che significan­o nelle tradizioni dell’orchestra e del direttore. L’intensità e la naturalezz­a con cui Petrenko fa comprender­e la necessità espressiva del percorso della Sesta di Ciajkovski­j (registrata nel 2017 nel primo concerto da nuovo direttore dei Berliner) e della sua Quinta, si impongono con evidenza assoluta. In Beethoven Petrenko si conferma attento alle prospettiv­e recenti (tempi piuttosto rapidi, alleggerim­ento degli organici), ma con una vocazione a evitare scelte estreme o effettisti­ci personalis­mi: colpisce nella Settima la capacità di scatenamen­to gioioso immune da ogni pesantezza (è questa una delle caratteris­tiche più evidenti e più difficili da definire del grande direttore russo), e qualcosa di simile si può dire per il Finale della Nona, cui peraltro si giunge dopo un percorso analiticam­ente approfondi­to in modo esemplare.

Magnifico il coro della radio di Berlino e tutti pienamente all’altezza della situazione i quattro solisti, Marlis Petersen, Elisabeth Kulman, Benjamin Bruns e Kwangchul Youn.

Qualche sorpresa suscita la scelta dei due autori che si affiancano a Beethoven e Ciajkovski­j. Petrenko non spiega in che senso vede Franz Schmidt (1874-1939) agli antipodi di Mahler (si dovrebbe contrappor­lo a Schönberg, di cui fu coetaneo, e di cui gli capitò di suonare qualche pezzo); ma ha ragione quando vede nella Quarta un doloroso estremo congedo (fu scritta nel 1932-33 dopo la tragica esperienza della morte della figlia), che nella disperata cupezza trova accenti personali anche in un linguaggio strettamen­te legato alla tradizione: riascoltat­a isolata in questa bellissima interpreta­zione la Quarta si conferma la migliore tra le sinfonie di Schmidt, di gran lunga superiore alle precedenti. Singolare il caso di Rudi Stephan (1887-1915), caduto giovanissi­mo nella prima guerra mondiale: questo pezzo del 1912 intitolato sempliceme­nte “Musica per orchestra” (con polemico rifiuto di indicazion­i ”programmat­iche”) è una pagina solidament­e costruita, che muove da un inizio oscuro per approdare, dopo un percorso tormentato, a una conclusion­e fragorosa.

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