Malinconico DON
Gatti al suo primo Donizetti comico, tra Rossini e Schubert
Donizetti don pasquale direTTore Daniele Gatti
reGia Jonathan Miller
TeaTro del Maggio fiorentino
La prima uscita di Carlo Fuortes come sovrintendente del Maggio musicale fiorentino coincide con l’ultima recita di Don Pasquale, titolo paracadute con cui il commissario Cutaia aveva sostituito il previsto Parsifal (un anno dopo i Maestri cantori annunciati e poi ritirati). Sono stati raddrizzati i conti disastrati del teatro? Daniele
Gatti ha comunque dato un bel contributo dirigendo questo suo primo Donizetti comico (finora c’era solo Dom Sébastien nel suo carnet del Bergamasco), e l’ho fatto centrando perfettamente la prospettiva: da una parte l’eredità rossiniana, di cui Gatti sa restituire con penetrante e aguzza leggerezza lo scintillante meccanismo orchestrale, per quanto qui si orienti verso una comicità argutamente realistica anziché meccanica e “assoluta”. Dall’altra i nuovi toni del sensibile e del patetico (“È finita Don Pasquale…”), che Gatti introduce senza preavviso dando voce a una schubertiana, malinconica, morbidezza strumentale che interrompe la serrata conversazione. L’eccellente lavoro d’orchestra, forte dei complessi del Maggio, soffre un po’ nel rapporto con le voci: il vecchio spettacolo di Jonathan Miller inquadra i protagonisti in una struttura geometrica, una sezione di casa, predisponendo a una certa disciplina gestuale (che infatti si perde nella scena notturna, quando i personaggi ne fuoriescono). Ma la stessa casa di bambole spinge i cantanti sullo sfondo, sfasando i rapporti sonori. Don Pasquale è una commedia borghese, ma qui il tono “cameristico” soffre: si perde la vicinanza fisica coi personaggi sia quella emotiva e di identificazione con gli spettatori prevista dal compositore (che voleva costumi contemporanei: questi sono ottocenteschi quindi ormai di due secoli fa…). Ne fanno le spese le voci corrette ma poco volitive e croccanti, in particolare - più che il Pasquale disciplinato di Marco Filippo Romano - la Norina poco smaliziata di Sara Blanch e il Malatesta di Markus Werba, entrambi fini esecutori. Ottima la prova dell’Ernesto di Yije Shi, sugli scudi dopo l’aria del primo atto.