Corriere del Mezzogiorno (Campania)
VALENTE E COZZOLINO GUERRA AL PADRE
Il Pd sta girando un brutto film con parricidio. E che volete che gliene importi dal Garigliano in su se poi, come si può già prevedere, al botteghino elettorale sarà un fuggi fuggi nel disgusto generale?
Dicono che Napoli abbia bisogno di novità politiche, di volti giovani e di idee moderne. Lo dicono in molti, soprattutto quelli — e sono tanti — che stanno lavorando nel partito democratico alla presentazione di almeno quattro candidature per l’elezione del sindaco. Mentre quel che resta della destra nelle more si lascia rappresentare dallo scugnizzo-imprenditore al doppio grido di «Prima Napoli» e «né a destra né a sinistra» col rischio di sbattere contro il palo bello grosso che si erge nel centro di qualsiasi campagna elettorale, e gli ultimi scampoli della sinistra dura e pura, sputtanando il meglio della propria storia, si avviano a concludere il rito d’iniziazione per entrare nella banda de Magistris momentaneamente acquartierata a palazzo San Giacomo, i neodemocratici dei due segretari Carpentieri e Tartaglione si beccano tra capo e collo come una mazzata da avanspettacolo o da comiche finali la candidata Valeria Valente, giunta a Napoli da Roma con l’alta velocità renziana. Dei cinque stelle neanche è il caso di dire, poiché militano in un altro campionato, quello del web dove si giocano solo partite senza avversari in carne ed ossa. Insomma, la politica politicante dalle nostre parti sembra ancora un affare riservato alla famiglia, anzi alle famiglie raccolte attorno al focolare del Nazareno. Davanti a quel fuoco incerto si evocano paroloni quali innovazione, discontinuità, competitività, ma alla resa dei conti la questione non cambia: è il potere innanzitutto in casa propria l’antica e voluttuosa fiamma che riscalda la politica. Concetto non sconosciuto al centrodestra che ne è spesso abbagliato, né ai grillini in streaming penitenziale ogni qual volta ne avvertono le lusinghe. Dove però il vocabolo «potere» viene massimamente desiderato e negato, contorto e rimosso, è nel lessico di una sinistra divenuta ormai davvero sinistra, come in un horror di serie B. Solo il pd, infatti, può usare con sprezzo sommo della critica scene di cartone e attori col carisma da comparse per proiettare su uno schermo malandato storiacce di disfide tutte interne al suo apparato come fossero la sceneggiatura di una nouvelle vague mai neanche intravista. Il caso Napoli è esemplare. Al terzo passaggio elettorale in cinque anni, dopo l’uscita di scena di Bassolino la discontinuità tanto invocata si è infine prodotta, ma col ritorno in scena del medesimo nelle inattese vesti di candidato sindaco alle primarie del centrosinistra. La trama del potere non è andata nel verso desiderato dagli eredi e neanche dagli eterni oppositori dell’ultimo vero leader del centrosinistra meridionale, ma visto che la scenografia era già pronta e che gli attori erano ormai truccati e travestiti come da copione principale, con un’alzata d’ingegno, un cambio di casacca qui e un salto là, un trucco e una capriola, il regista romano (forse Renzi, ma la firma sarà certamente uno pseudonimo, Lotti, Guerini o chissà chi) ha inventato il profilo della candidata perfetta per un film dell’orrore, mezzo bassoliniana, mezzo orfiniana, un pizzico renziana, abbastanza giovane, donna e mamma, tutta politica e buoni sentimenti, da sguinzagliare contro l’odiato zombie Bassolino. E che volete che gliene importi dal Garigliano in su se poi, come si può già prevedere, al botteghino elettorale sarà un fuggi fuggi nel disgusto generale? Come si confeziona un film di sicuro insuccesso, girato all’italiana, è facile da raccontare. Pochi i mezzi e scarsi gli attori, l’importante è movimentare la scena cercando di far fessi gli spettatori. Se non si è in grado di creare suspence, è consigliato far casino. Perciò dietro la protagonista spunta il manovratore, forse il più ingenuo, benché si creda furbo. Subito si scopre che il manovratore è a sua volta manovrato, perché in un tempo ancora più remoto fu considerato lui, proprio lui, la reincarnazione di quel passato che deve essere immolato sull’altare del nuovo che avanza. Se la trama pseudorenziana finalmente si realizzerà, forse un qualche futuro ci sarà anche per lui. Di sicuro gliel’hanno promesso. Poiché non è possibile in questo genere di film che i protagonisti veri e nascosti capiscano di essere ciascuno una faccia dell’altro, né che i personaggi secondari si rendano conto di esser tali, la vicenda condurrà ad una catastrofe insensata. Un vero processo di autocoscienza non è previsto nel budget della politica attuale, che altrimenti crollerebbe d’un sol colpo sotto il peso di un debito morale inestinguibile. Perciò nel film in programmazione nelle sale del presunto potere democratico scorrerà sangue, molto sangue, impiastricciando carriere vecchie e nuove tra gli applausi del pubblico che, se non capisce quel che vede, ama però rovistare nei pettegolezzi e assistere all’orrore quotidiano di una politica senza idee e sempre gonfia di cattive intenzioni. Almeno su questo gli stati maggiori del pd credo non sbaglino. Se ai cittadini non gliene frega niente dei candidati sindaci più o meno renziani e dei loro presunti programmi elettorali, forse potranno appassionarsi a una sporca guerra fratricida. Che, per esattezza, chiameremo parricida. È infatti una guerra contro il padre quella che si preannuncia con la discesa in campo di Valeria Valente manovrata da Andrea Cozzolino. Purtroppo entrambi non hanno nel destino il regno di Napoli: Cozzolino l’ha perso nel 2011 contro de Magistris; Valeria Valente neanche sapeva di volerlo conquistare. Entrambi sono vittime. Vittime di un Edipo minore.