Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Cliché da sit-com per un prevedibile gioco di coppie al massacro
Gioco al massacro fra coppie, con intolleranze reciproche, cose pensate e non dette (o dette e non pensate) e immancabili tradimenti, reali e metaforici. Il tema è caldo e guardando «Provando... Dobbiamo parlare», al Diana fino a domenica, sembra di assistere a un sequel di un classico come «Chi ha paura di Virgina Woolf?» di Albee, appena diretto e interpretato a Napoli da Arturo Cirillo. Un sequel, però adattato all’antropologia della nostra Italietta di terzo millennio. E d’altra parte lo spettacolo scritto a sei mani da Sergio Rubini - che ne è anche interprete e regista -, Carla Cavalluzzi e Diego De Silva, è anche il plot di «Dobbiamo parlare», quasi omonimo film uscito sugli schermi nello scorso mese di novembre. E del cinema (quello italiano degli ultimi anni) porta con sé tutti i pregi e i difetti, compresa una certa claustrofobica prevedibilità, qui dettata dall’incontro-scontro fra una coppia di destra (un ricco medico e un’affascinante scalatrice sociale) e una di sinistra (uno scrittore e la sua ex allieva ora ghostwriter), con tutti i cliché che ne derivano. Ai quali è possibile resistere solo grazie alla prova d’attore di un Fabrizio Bentivoglio pragmatico e guascone, che dà colore teatrale al tono da sit-com che si respira in sala e al quale si adeguano invece Isabella Ragonese, Maria Pia Calzone e lo stesso Rubini.
(S. de Ste.)