Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Il mio italian sound dal Sannio a New York»
Roberto Mancinelli, ex direttore artistico della Sony, racconta la sua avventura nella Grande Mela
«Per un musicista, per un produttore ed anche per un consulente musicale New York è una tappa fondamentale ed elettrizzante. Qui si può crescere davvero sul piano professionale e cogliere i trends musicali futuri». È Roberto Mancinelli a parlare. Beneventano di Castelvenere, 45 anni, per anni a capo della direzione artistica di Sony/Atv Italia da poco trasferitosi negli Usa, aggiunge: «New York è una sfida per crescere».
«Per un musicista, per un produttore ed anche per un consulente musicale New York è una tappa fondamentale ed elettrizzante. Qui si può crescere davvero sul piano professionale e cogliere i trends musicali futuri». È Roberto Mancinelli a parlare. Beneventano di Castelvenere, 45 anni, per anni a capo della direzione artistica di Sony/Atv Italia da poco trasferitosi a New York. «New York è una sfida per crescere». Ci riceve sul terrazzo-ufficio mozzafiato situato al 54mo piano della sua residenza newyorkese. La città è interamente visibile da nord a sud e l’orizzonte è illimitato. Quasi una metafora della sua decisione di trasferirsi in questa megalopoli: estendere gli orizzonti.
Cortesia, ironia e qualche espressione dialettale connotano il suo discorso.
Chi è Roberto Mancinelli?
«Sono nato 45 anni fa a Castelvetere, un piccolo centro del beneventano. Da giovane seguivo la musica in modo quasi ossessivo. Una necessità vitale ed una finestra su di un mondo che sentivo troppo stretto per me. Fu importante l’incontro con Napoli avvenuto attraverso le mie sorelle che lì frequentavano l’università; feci scorta di vinili, libri, biografie musicali e andai a qualche concerto. Poi un po’ di radio prima di prendere un treno per andare via. Scelsi il Dams di Bologna e furono anni intensi. Ritornai a Napoli nel 1991 per
approdare a Radio Kiss Kiss, esperienza straordinaria».
Come avvenne l’approdo alla Sony sino a diventare direttore artistico di Sony /Atv Italia?
«Come tutte le esperienze professionali occorre determinazione, una grande passione, ed anche una dose di fortuna che non guasta. Alla Sony ci sono arrivato dopo esperienze in piccole, medie e grandi strutture. Prima di Sony ero in Warner ad esempio.. Milano ai tempi era la mia New York. Chi fa musica in Italia non può prescindere da un passaggio in quella realtà culturale, musicale e commerciale. Tutte le major discografiche sono all’ombra della Madonnina».
Questo paradigma vale ancora oggi?
«In parte si. Tuttavia sta emergendo, anche grazie ai social media, un nuova generazione di artisti che si muove molto su base locale per poi essere
scoperta dalle case discografiche o dai talent scouts. Penso alla Puglia ed alcune aeree periferiche campane. Esiste una vivacità musicale straordinaria che va valorizzata. E che nel lungo periodo può costituire un considerevole valore aggiunto anche per l’economia locale».
In che senso?
«Il talento non basta. Va coltivato, educato. In altre parole c’è bisogno dello studio e del sacrificio. Ad esempio, la scrittura dei testi musicali. È un vero e proprio lavoro. Deve essere affrontato con metodo e continuità per crescere ed affinarsi. Queste tecniche, ad esempio, sono insegnate nelle scuole musicali americane. Scrivere canzoni è un’arte ma anche un mestiere. Si lavora dalle 9 alle 5. Si deve leggere molto, ascoltare musica, sentire i linguaggi della strada. Sono a New York anche per studiare ed esplorare a fondo questo mondo. Tra i giovani italiani c’è tanta voglia di produrre musica.
Oggi sta emergendo, anche grazie ai social, una generazione innovativa di artisti
Questa esigenza va intercettata e fatta conoscere al mondo. E da New York hai il mondo che ti percepisce meglio».
Ci parli della sua decisione di trasferirsi a New York.
«New York è una tappa fondamentale per chi fa musica e vive con la musica. Vale lo stesso per il cinema e l’arte moderna. Sono arrivato qui da circa un anno con l’intento di far conoscere al pubblico newyorkese (e speriamo anche nel resto d’America) i talenti musicali italiani. È per me importante confrontarmi con altre realtà artistiche. Lo scorso anno ho dato il via alle danze qui a New York con Giovanni Caccamo, vincitore di Sanremo Giovani 2015 e quest’anno nella sezione dei Big 2016. Sono stato uno dei primi a credere nel suo talento esplosivo. Ha avuto un ottimo riscontro sulla New York musicale. Al suo concerto ho notato un pubblico misto di americani ed italiani e ne ero orgogliosissimo. L’im-
magine della musica italiana qui a New York sta cambiando. C’è voglia di nuova musica italiana. Ed il momento è favorevole».
Ha altri progetti in cantiere?
«Tanti. Innanzitutto vorrei invitare qui dei giovani talenti italiani e farli lavorare con i loro colleghi americani. Noi siamo forti sulla composizione, fortissimi nella melodia. Con i loro testi, sono convinto che verrebbero fuori dei lavori molto interessanti. Scrivere in inglese conoscendo due o tre lingue dona poeticità al testo. Poi sto lavorando ad un festival dei giovani musicisti italiani. Proprio qui a New York. Infine, mi sembra doveroso, organizzare almeno un evento che renda omaggio alla grande musica americana arrivata in Italia che ha fatto da orientamento a più di una generazione di cantautori. Un tribute, direbbero qui».
Ad oggi qual è il rapporto con Benevento?
«Ottimo. Ci vado poco perché la mia famiglia di origine non è piu stanziale da quelle parti e perché ho una casa a Milano da curare. Mi viene ancora da ridere se penso che i miei genitori stentavano a capire cosa facessi. Quale fosse il mio lavoro. Se ne sono resi conto dopo qualche Festival di Sanremo e diverse apparizioni televisive. Lontano dai luoghi natii ed anche alla luce dell’esperienza newyorkese ho sviluppato la cultura del give
back. D’altronde i miei sogni giovanili sono iniziati a Castelvenere in una radio locale. Poi sono divenuti realtà di successo. Vorrei creare, proprio a Benevento, un grande evento musicale annuale. Puntando fortemente sui giovani. Le provincia italiana e la periferia sono degli eccellenti serbatoi di talenti musicali».
Qual è il futuro del mercato musicale alla luce della proliferazione dei social media?
«Straordinario. È aumentato il desiderio di fare musica. I social media possono amplificare globalmente dei fenomeni locali. Oggi con Mentions puoi fare un concerto ed essere diffuso nel globo. Ne seguo molti stando comodamente seduto ai bordi di Central Park. La nostra industria è in continua evoluzione ed alla ricerca ricerca di talenti da far conoscere globalmente attraverso degli spettacoli live. Sono qui, a New York, per lanciare talenti italiani nella capitale mondiale della musica. È un invito a contattarmi. Mi trovate sui social».