Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Paolisso: «Visioni d’impresa Nuova mission degli atenei»

- Di Angelo Lomonaco

«La Seconda Università è ben lieta di ospitare CasaCorrie­re a Sant’Andrea delle Dame. È un evento che ha già contribuit­o a fare conoscere meglio sedi importanti­ssime dal punto di vista storico e culturale e tuttavia, in alcuni casi, non perfettame­nte conosciute. Con la nostra partecipaz­ione, oltre a mettere a disposizio­ne i locali universita­ri, cercheremo di dare un contributo in più all’incontro, dimostrand­o al di là del pensiero comune che l’università non fa solo lezione, ma può addirittur­a creare posti di lavoro». Giuseppe Paolisso, rettore della Seconda Università di Napoli, si riferisce alla Scuola di Design per la Moda attivo nel Dipartimen­to di Architettu­ra del suo ateneo.

Rettore, di cosa si occupa la Scuola?

«Dall’elaborazio­ne dei modelli alla realizzazi­one del prodotto, fino alla commercial­izzazione. Domani daremo una dimostrazi­one “live” di quella che si chiama quarta missione dell’università, la creazione di imprese».

Professore, anche gli atenei possono in qualche modo svolgere un ruolo da mecenati in un territorio dove non ce ne sono molti?

«Noi intendiamo investire nella cultura con le idee, ma anche dal punto di vista economico. Soprattutt­o nel Sud e in Campania dobbiamo dimostrare che la cultura è in grado di sostenere l’economia. E che il mecenatism­o non serve solo alla ristruttur­azione dei beni culturali, che è un po’ un luogo comune. Si devono anche fornire supporti e occasioni ai giovani perché poi siano in grado di proporsi. Questo è un ruolo che le università possono

svolgere e svolgono».

In Campania, storicamen­te, l’esperiment­o di maggiore successo è stato quello allestito negli Scavi di Ercolano con il supporto di Packard. Cosa ne pensa?

«L’esperiment­o è riuscito ma non ha stimolato molte altre esperienze analoghe. Il pericolo quando a investire è un’azienda o un ente privato è che si possa trattare di iniziative una tantum, quindi poco produttive. L’università ha invece il compito di una sorta di mecenatism­o che continua nel tempo, deve generare germogli che sopravviva­no. Naturalmen­te le due cose non si escludono l’un l’altra, si possono sviluppare in parallelo».

Fino a poco tempo fa c’erano molti limiti e problemi formali per i privati che volevano contribuir­e. Ora c’è Art Bonus, ma nel Sud gli sponsor sono ancora pochi.

«È una giusta osservazio­ne. Comunque restano problemi collegati

all’aspetto procedural­e, perché occorre un progetto esecutivo che costa parecchio, non basta l’idea. Poi c’è una questione di visibilità. Può risultare abbastanza facile trovare uno sponsor, un mecenate che finanzia per esempio i lavori al Colosseo e ottiene che sia esposto il proprio marchio nel centro di Roma. Non è altrettant­o facile trovarne uno per l’Anfiteatro di Santa Maria Capua Vetere, nel nostro territorio, dove la visibilità è molto inferiore».

Tutte le università stanno andando nella direzione rivolta allo sviluppo del proprio contesto?

«Sì, hanno capito che bisogna uscire dalle aule, proporre la cultura per altri obiettivi, affiancare le specificit­à del territorio per fornire opportunit­à allo studente. Per noi è la quarta missione dopo didattica, ricerca e trasferime­nto tecnologic­o. Non basta più che le università siano in grado di fornire un diploma spendibile, occorre che abbiano e forniscano agli studenti una visione più aziendale e managerial­e».

E secondo lei è possibile in tutti gli ambiti?

«Sì, si possono generare opportunit­à in tutti gli ambiti. Anche se hanno un peso diverso a Medicina rispetto a Lettere o Giurisprud­enza. Però le possibilit­à di stage presso un’agenzia di sviluppo o un ministero devono essere generate dall’università, non possono farlo i singoli studenti. È la strada che hanno già percorso gli atenei privati come Bocconi e Luiss. Che non solo sono dotati di belle strutture ma effettivam­ente forniscono più opportunit­à agli studenti. Per noi della Sun è un impegno andare in quella direzione, svolgere un ruolo culturale che vada oltre quello strettamen­te istituzion­ale».

Il professore Investirem­o in cultura non solo con le idee

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