Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Un voto politico con l’incognita astensionismo
De Magistris e De Luca attendono l’esito per «giocare» una partita nazionale
Il referendum di oggi avrà una ricaduta politica anche in Campania. Qualunque sia il responso. L’astensionismo resta l’incognita. L’Istituto Cattaneo ricorda che nel 2006 in Campania vi fu il record negativo di partecipazione.
Le operazioni di voto per il referendum costituzionale si svolgeranno solo oggi, domenica 4 dicembre, dalle 7 alle 23. A Napoli interesseranno 750.709 elettori, di cui 350.571 uomini e 400.138 donne per un totale di 884 sezioni. Possono votare tutti i cittadini iscritti nelle liste elettorali del Comune che abbiano compiuto 18 anni entro il giorno della votazione. L’elettore deve presentare al seggio di appartenenza la propria tessera elettorale unitamente ad un valido documento di identificazione. In caso di deterioramento della tessera, con conseguente inutilizzabilità, l’elettore può richiedere il duplicato agli sportelli presso gli uffici delle Municipalità. In caso di smarrimento o furto, l’elettore può richiedere il duplicato alla Municipalità, previa domanda corredata della denuncia agli uffici di Pubblica sicurezza. Il rilascio del duplicato è immediato. Oggi gli uffici municipali resteranno aperti dalle 7 alle 23. Il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, ha fatto sapere che voterà stamane alle 9.15 nel seggio della scuola G. Quarati, in via Francesco Paolo Tosti al Vomero. Mentre il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, si recherà a votare alle 11 presso la Scuola Sulmona in Via Grosseto a Pomigliano d’Arco. Fulvio Martusciello, europarlamentare di Forza Italia e responsabile nazionale dei difensori del voto, ha annunciato di aver schierato «tanti giovani e questo è l’anticipo della falange azzurra che costruiremo per l’elezioni politiche. Personalmente capitanerò la squadra di controllo del voto degli italiani del Sud America, mentre i tanti ragazzi provenienti dalla Campania, oltre cento, saranno distribuiti sul voto degli italiani del Nord America».
All’esito del referendum sarà legato inevitabilmente anche un risultato politico, data l’aspra contrapposizione tra schieramenti che ha caratterizzato la campagna per il Sì e per il No. E oltre la partita nazionale si attende anche quella campana: con il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, che dopo il suo secondo mandato a palazzo San Giacomo, non potrà che lasciarsi tentare dalla seduzione della ribalta nazionale (ora, tra l’altro, figura anche tra gli 80 primi cittadini europei invitati in Vaticano per l’incontro «Europa: i rifugiati sono nostri fratelli») e con il presidente della Regione, Vincenzo De Luca, che ha dimostrato negli ultimi mesi come il premier Matteo Renzi abbia trovato conveniente, se non necessario, agganciare il locomotore del suo governo al vagone della Regione Campania, riaprendo i rubinetti dei finanziamenti per le ecoballe, i debiti del trasporto pubblico locale, Bagnoli e patti vari. Se il No passerà, de Magistris dovrà poi trovare i margini politici giusti per far valere il proprio contributo alla causa. E in uno schieramento così composito, che va da Forza Italia ai 5 stelle alla sinistra, non sarà tanto semplice. Così per De Luca padre e figlio che, in caso di sconfitta del Sì, non avranno molte frecce al loro arco per difendere politicamente l’eventuale débacle regionale.
Certo, in questi casi i politici ci hanno insegnato che la responsabilità è sempre degli altri: del Pd devastato dal correntismo, della personalizzazione della battaglia referendaria e della «aggressiva campagna mediatica scatenata», come ama ripetere De Luca, «nei miei confronti». Senza che lui abbia minimamente contribuito ad inasprire il clima o ad offrire il fianco alle critiche? Viceversa, la vittoria del Sì consentirebbe al sindaco di Napoli di potenziare la propria capacità offensiva in chiave alternativa rispetto ai soggetti più strutturati che hanno occupato la prima fila a difesa del No. Mentre sul fronte regionale, De Luca acquisirebbe molti più crediti politici ed elettorali dal governo, fino a interloquire (almeno nel suo immaginario) paritariamente con il premier.