Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Quasi uno su tre non ha scelto Gli «azzurri» tra i più astensionisti
Nel 2006 almeno il 37,9 per cento preferì restare a casa
Il silenzio elettorale è d’oro dopo una campagna elettorale così chiassosa. L’Istituto Cattaneo, nell’attesa della giornata referendaria, ha analizzato l’incognita maggiore in ogni competizione elettorale: la partecipazione.
E a dire il vero, guardando al 2001 (referendum sulla riforma del Titolo V che oggi si vuole abolire) e al 2006 (54 articoli della Costituzione proposto dal governo Berlusconi), il quadro è preoccupante soprattutto al Sud, Campania in testa. È vero, dati alla mano, ciò che si dice: si perde o si vince nel Mezzogiorno. Causa principale? Secondo i ricercatori più che una società liquida, per dirla con Bauman, ormai potremmo definirla evaporata. L’assenza di associazioni, partiti, coinvolgimento dei cittadini, ha generato una distanza siderale dalla politica.
Bisogna dire che su referendum costituzionali la percentuale di votanti diminuisce sempre di più rispetto alle politiche. Al Sud un elettore su quasi tre decide si rimanere a casa. Con un record in Campania: nel 2006 alle politiche votò il 78,8 per cento degli aventi diritto. Al referendum dello stesso anno il 40,9 per cento, facendo registrare la forbice più ampia: il 37,9 per cento. Si può fare lo stesso raffronto con il referendum del 2001. Anche allora la partecipazione più alta si registra al CentroNord, la più bassa al Sud. «Considerato anche il tipo di voto — si legge nella ricerca — l’elettore che si reca ai seggi deve possedere forti motivazioni personali oppure essere inserito in larghe reti associative che lo spingono al voto». Da qui il quadro devastante al Sud.
Quando si affronta il nodo schieramenti, si comprenda anche una certa tendenza a destra della campagna elettorale. Perché il bacino di voti più libero sembra essere quello di Forza Italia. Un dato su tutti è emblematico e l’ha spiegato qualche giorno fa sull’Huffington post, Marco Valbruzzi del Cattaneo: «A Napoli il 70 per cento di chi aveva votato FI non è andato a votare al referendum del 2006, pur trattandosi di una riforma costituzionale voluta e approvata dal governo di centrodestra. Saranno quindi i berlusconiani e meridionali e ancor più campani a decretare la vittoria del Sì domani. Anche perché un terzo degli elettori democratici si danno per persi, viste le divisioni e le tensioni all’interno del Pd.
In generale per i ricercatori dell’Istituto Cattaneo la vittoria dell’uno o dell’altro fronte dipenderà da due incognita. La prima: la capacità di principali partiti di mobilitare il proprio elettorato (per il Sì dunque al Centro-Nord). La seconda incognita riguarda proprio il Sud. Dove è più alto l’astensionismo, Campania in primis, «diventa decisivo capire quale dei due schieramenti alternativi saprà offrire gli argomenti migliori per portare gli elettori di queste province alle urne». A dire il vero, ne esiste una terza: il comportamento dell’elettorato del Movimento 5 Stelle alla prima prova referendaria. Lo scopriremo solo vivendo, cantava Battisti. Domani notte.