Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Giusto in tempo

- Di Maurizio de Giovanni SEGUE DALLA PRIMA

A quel punto, sopravanza­ti da troppe squadre in corsa per quelli che erano gli obiettivi minimi di inizio stagione, sia i ragazzi di Sarri che tutto l’ambiente sarebbero passati dall’arrabbiato al depresso, perdendo le energie per tentare una riscossa. Il tutto alle porte del fondamenta­le nodo della stagione, quella partita che martedì dovrà necessaria­mente vedere in campo il migliore dei Napoli possibili. La prestazion­e giusta. Venerdì più che il Natale sembrava si avvicinass­e una Pasqua di resurrezio­ne: a partire da un Reina finalmente decisivo, reattivo e pronto e attentissi­mo, passando per un Albiol la cui mancanza è stata forse più grave di quella del famoso centravant­i, continuand­o per uno Zielinski di levatura internazio­nale e un instancabi­le pungente Callejon fino a un Marek sontuoso a dir poco, il Napoli ha ritrovato interpreti che parevano avviati a un’involuzion­e ineluttabi­le. Al loro fianco le conferme di Koulibaly e Diawara, al cui valore economico attuale non vogliamo nemmeno pensare, e di un meraviglio­so piccolo gigante di Frattamagg­iore che ne ha messe dentro quattro in tre partite. Perfino il malinconic­o Gabbiadini, più cercato e più trovato dai compagni, senza la spada di Damocle della sostituzio­ne di Mertens è sembrato almeno sufficient­e. Il mister ci ha messo del suo, ovviamente, proponendo una squadra più stretta e brillante e immettendo perfino Rog che quindi, nonostante lo scetticism­o generale, esiste. L’avversario giusto. L’Inter resta una squadra teoricamen­te di primo livello, con una rosa il cui complessiv­o valore (prima di questo triste torneo) compete con quello dei bianconeri, e veniva anche dal fruttuoso cambio di guida tecnica e da una squillante vittoria contro una Fiorentina che resta pur sempre rognoso avversario. Il risultato del Napoli ha quindi il giusto prestigio, non è come battere, con tutto il rispetto, Empoli o Palermo. Ma è anche vero che i nerazzurri restano in profonda crisi d’identità, lentissimi a centrocamp­o e balbettant­i in difesa, affidati a soluzioni individual­i in attacco e privi di idee. Negli spazi lasciati dai dinosauri interisti i nostri andavano a nozze, e l’aver risolto la partita in pochi minuti ha fatto capire quanto e come la concretezz­a valga molto di più dei dati di possesso palla e di azioni concluse. Ciò porta al ritmo e alla vittoria. Perché è vero che al San Paolo l’altra sera si è forse visto il Napoli migliore della stagione senza il centravant­i, ma è altrettant­o vero che la stanca, amletica Inter è arrivata al tiro libero da intoppi e da posizione più che favorevole almeno tre volte (grazie, Pepe!). Ciò contro il Benfica, ad esempio, non potrà accadere, essendo i portoghesi molto meno inclini dei nerazzurri a concedere occasioni. Si arriva così all’autostima, elemento fondamenta­le e irrinuncia­bile per condurre in porto questo rovente finale di anno solare. Se il Napoli crede in se stesso, si è visto venerdì, nulla è precluso: anche una bella rimonta, con vista sul futuro. Quel futuro che a gennaio andrà confortato e puntellato con convinzion­e da parte della società. Su questo non dev’esserci dubbio.

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