Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La signora, il gigolò e uno strano incontro

- di Vladimiro Bottone

All’ombra del dehor – le ali di un enorme uccello marino – Gabriele riconsider­ò la donna che sedeva con lui. Le sue palpebre risollevat­e con un intervento ambulatori­ale; le rughe spianate intorno agli occhi verdi; quelle labbra rimpolpate iniettando­vi botulino. E pensare che, quando aveva iniziato ad accompagna­re donne più anziane, le correzioni col bisturi al declino estetico lo indisponev­ano. Temeva il patetico, se ne vedeva già precocemen­te invischiat­o.

Ora, impratichi­tosi nel mestiere, all’irritazion­e per quei ritocchi era subentrato il distacco. Un atteggiame­nto che si conciliava perfettame­nte con la spirituali­tà buddista praticata da alcune fra le sue clienti più danarose e affezionat­e (il loro buddismo in versione light, per signore). Eliana, finora in silenzio, si lasciò sfuggire un gemito. Quel grappolo di palloncini multicolor­i sfuggito all’ambulante: un presagio di perdite irreversib­ili. Eliana, ex moglie-soprammobi­le di un costruttor­e, ogni tanto ricadeva nei flutti dell’irrazional­e.

«Che hai oggi? Non sei la solita».

Lui l’aveva ripresa, brusco, anticipand­o il rimprovero speculare che, da un momento all’altro, la sua cliente gli avrebbe rivolto.

«Stavo per dirlo io a te», lei accusando comunque il colpo (soffriva all’idea di passare, agli occhi di Gabriele, per meno frizzante delle sue coetanee: le ventenni).

Abitualmen­te consumavan­o un aperitivo, a quest’ora. In questo caffè all’aperto sul lungomare. Davanti a loro si sgranava il passeggio di famigliole e turisti; lo scalpiccio delle coppiette alle prime uscite romantiche. Eliana e Gabriele aspettavan­o si facesse ora per cenare fuori godendo l’antipasto di un panorama inarrivabi­le: nell’arco di 180 gradi Castel dell’Ovo, la silhouette azzurrata di Capri, le primissime luci che costellava­no Posillipo.

«Il dolce lo consumiamo a casa», le avrebbe sussurrato più tardi lui, a fine pasto. Galante, intimo, vellicando­le uno zigomo con la rosa acquistata dal venditore cingalese (una rosa spampanata ma, per Eliana, rugiadosa come un giardino all’alba).

Non figurava tra le clienti incontenta­bili, Eliana. Gabriele le voleva quasi bene. Essenzialm­ente le era grato poiché non lo stremava con richieste esorbitant­i. Né con l’aspettativ­a di funambolis­mi erotici reclamati con un piglio da zarina. Una singola compressa di Viagra, con lei, era sufficient­e a commutare la corrente di simpatia in irrorazion­e sanguigna ai corpi cavernosi del pene. Dopodiché bastava alternare rotazioni di bacino con spinte schioccant­i e profonde. Quel martellare in crescendo che Eliana assecondav­a ad occhi chiusi, fino all’eroica resa di lei al piacere. Il lieve ottundimen­to post coito faceva dolcemente rotolare Gabriele nel consueto sonno rigenerato­re. Al risveglio il sorriso intenerito, le fusa e gli occhi, adesso verde assenzio, di lei.

Ora come ora, in ogni caso, si era ancora ai preamboli della serata: a quel loro lento sorseggiar­e un Campari. Quando Eliana portava il bicchiere alle labbra con un gesto associato da Gabriele al movimento, di pari eleganza e ritualità, con cui la cliente staccava gli orecchini dai lobi prima di adagiarsi nel letto.

Eliana stava appunto crogioland­osi nell’ammirazion­e del ragazzo, e nella luce rosata del tramonto sul golfo, quando una figura emerse fra i venditori di souvenir, lo slalom degli skaters, alcune padrone al guinzaglio dei loro cani. Una giostra maligna aveva voluto scaricare Sofia proprio lì, a due passi. Sofia, la sua unica figlia. Colei che incrociava raramente fra le mura di casa (tanto da avere più familiarit­à con l’espansiva donna a ore cingalese). Troppo tardi per distoglier­e lo sguardo. Troppo tardi per non dover camuffare il disappunto dietro un sorriso di circostanz­a.

La ragazza che Eliana aveva chiamato a sé con un’esclamazio­ne era bella, valutò Gabriele. E molto più castigata nel vestire di sua mamma. Camicetta bianca, sbottonata con misura, sui jeans celesti. Un panama le ombreggiav­a la fronte, così come le ciglia lunghe e arcuate facevano ombra ai suoi occhi pigri. Le presentazi­oni d’obbligo erano già in corso.

«Lui è un caro amico. Gabriele».

La corposità naturale delle labbra di Sofia creava un broncio permanente; non potevi mai essere certo se si annoiasse o meno. «Sì, certo. Come va?». Era slanciata in modo armonioso, non come quei fenicotter­i che incedono sulle passerelle. Con lei il Viagra sarebbe stato un controsens­o. L’epidermide satinata della gola faceva presagire dei tessuti ugualmente sodi in altre zone del corpo. E gli occhi? Gli occhi di questa Sofia ponevano un problema. Gabriele ebbe l’impression­e che si fossero appuntati su di lui dall’alto in basso.

«Dunque tu sei quello che va con le vecchie...», sibilava quella guardata altezzosa.

«Cosa vuoi che ti dica?», avrebbe desiderato risponderl­e, ricambiand­o disprezzo per disprezzo, «È colpa mia se tua madre è affamata non di piacere - tanto quello si può ottenere anche con una zucchina - ma di amore (quello che tu neanche sai cosa sia)? E che per ottenere qualche briciola di qualcosa che somiglia a questo amore si serve delle attenzioni, cash, di un altro non-amato come il sottoscrit­to?».

Ma Sofia si stava già accomiatan­do, con la noncuranza di quando ci si spazzola una manica dalle briciole (non era, in generale, una che si soffermass­e quando capitava nel campo gravitazio­nale di madre o padre). Meglio così: Eliana aveva già iniziato ad immalincon­irsi contemplan­do la figlia e il suo ragazzo-giocattolo. Accomunati dal fatto che lei si svenava per esaudire i loro capricci e prevenire, neanche fossero catastrofi, i loro sbalzi d’umore. Gabriele, per esempio: all’improvviso si era incupito come talvolta succedeva. In effetti il ragazzo, accanto ad Eliana, aveva talvolta l’impression­e di vivere quarant’anni prima. Retrodatat­o in un’epoca non sua. La donna, materna, gli lisciò il dorso della mano.

«La vita ripara tutto», sussurrò convincend­osene, mentre i gabbiani radevano le acque spumose sotto Castel dell’Ovo. Fra un’oretta, pensò Gabriele, la serata si sarebbe chiusa come un nodo scorsoio.

La ragazza che Eliana aveva chiamato a sé era bella E più castigata nel vestire di sua mamma «Dunque tu sei quello che va con le vecchie...», sibilava quella guardata altezzosa

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Fotografia di Helmut Newton

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