Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Avvocati in fuga dalla profession­e

Spese e tasse troppo alte, onorari difficili da riscuotere. L’Ordine si batte per «l’equo compenso»

- Fabio Postiglion­e

NAPOLI C’è chi prova ad aggrappars­i con tutte le forze alla profession­e riducendo al minimo le spese e tagliando, innanzitut­to, il numero di praticanti e collaborat­ori. Se non basta allora divide le spese dello studio con un altro collega. Chi, infine, non riesce a far quadrare i conti e trasferisc­e lo studio nella propria abitazione. Ma quando a fine mese arriva il conto e non si riescono a riscuotere i crediti verso gli enti pubblici o i clienti, si è costretti a mollare.

Molti avvocati del distretto di Napoli alzano bandiera bianca e scappano dalla profession­e. In un solo anno sono quasi 1.000 le richieste di cancellazi­one dall’iscrizione all’Albo profession­ale, mentre sono 400 le richieste di autosospen­sione: restano iscritti all’ordine profession­ale ma non hanno l’onere di pagare le spese.

Il problema è molto semplice: troppi i profession­isti abilitati e poche le cause da discutere. Ecco il quadro a tinte fosche di quello che accade al Palazzo di Giustizia di Napoli dove ci sono quasi 13mila avvocati. Tre le problemati­che maggiori che incidono su un profession­ista: innanzitut­to le spese per la Cassa forense che si aggirano attorno ai 2.500 euro l’anno per i redditi minimi, fino a salire a cifre iperbolich­e per chi fattura oltre una certa soglia. Il secondo problema è rappresent­ato dalle spese per la gestione dello studio: affitto al mese, segretari, praticanti e collaborat­ori. Terzo problema sono le aliquote per le fatturazio­ni: il 22 per cento a cui va ad aggiungers­i il 4 per cento per la pensione. Somme che pesano nella dichiarazi­one dei redditi a fine anno.

Ecco il motivo per il quale c’è una controtend­enza rispetto agli anni passati con un aumento di revoche dell’iscrizione. «È tramontata un’epoca. Quella dei grandi studi legali che accoglieva­no i giovani e ne facevano grandi avvocati. Gli stessi che nel corso di decenni hanno fatto la storia del distretto di Napoli. Questo non vuol dire però che non si possa intervenir­e, ma bisogna farlo in fretta e innanzitut­to agire sui criteri di accesso alla profession­e».

Attilio Belloni, presidente della Camera penale di Napoli, una delle più grandi d’Italia, non ha dubbi: «La fuga da questo mestiere è il segnale di una crisi che attanaglia il nostro paese e in particolar­e la nostra città e questo distretto». La Camera penale di Napoli, però, ultimament­e ha firmato un protocollo d’intesa proprio per la ridetermin­azione delle tariffe minime. «Vogliamo assumere un ruolo di punto di riferiment­o per i giovani avvocati che ne hanno bisogno, vogliamo offrire loro assistenza, consigli, atti concreti», conclude Belloni. Per Francesco Caia, componente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli avvocati, il problema è legato non solo al numero vorticoso di iscritti ma alla circostanz­a che «gli avvocati sono i profession­isti peggio pagati».

Ecco perché l’Ordine ha «firmato una mozione, che è diventata disegno di legge al Parlamento, sull’equo compenso. E in particolar­e sui limiti alle contrattaz­ioni al ribasso che esistono tra avvocati ed enti pubblici: contrattaz­ioni che ledono la dignità del nostro mestiere». Di diverso avviso Gianfranco Mallardo, componente del Consiglio dell’Ordine del distretto di Napoli: «Non c’è una fuga dal mestiere ma una scarsa qualità del lavoro, dovuta essenzialm­ente alla impossibil­ità per un avvocato di potersi aggiornare a causa della scarsità di mezzi economici a disposizio­ne. Questo lavoro sta diventando un ammortizza­tore sociale per chi non ha successo e possibilit­à in altri settori».

Cassa forense I costi partono da circa 2.500 euro annui per i redditi minimi, poi aumentano

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In difficoltà Centinaia gli avvocati che tra Napoli e provincia pensano di cambiare profession­e

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