Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Avvocati in fuga dalla professione
Spese e tasse troppo alte, onorari difficili da riscuotere. L’Ordine si batte per «l’equo compenso»
NAPOLI C’è chi prova ad aggrapparsi con tutte le forze alla professione riducendo al minimo le spese e tagliando, innanzitutto, il numero di praticanti e collaboratori. Se non basta allora divide le spese dello studio con un altro collega. Chi, infine, non riesce a far quadrare i conti e trasferisce lo studio nella propria abitazione. Ma quando a fine mese arriva il conto e non si riescono a riscuotere i crediti verso gli enti pubblici o i clienti, si è costretti a mollare.
Molti avvocati del distretto di Napoli alzano bandiera bianca e scappano dalla professione. In un solo anno sono quasi 1.000 le richieste di cancellazione dall’iscrizione all’Albo professionale, mentre sono 400 le richieste di autosospensione: restano iscritti all’ordine professionale ma non hanno l’onere di pagare le spese.
Il problema è molto semplice: troppi i professionisti abilitati e poche le cause da discutere. Ecco il quadro a tinte fosche di quello che accade al Palazzo di Giustizia di Napoli dove ci sono quasi 13mila avvocati. Tre le problematiche maggiori che incidono su un professionista: innanzitutto le spese per la Cassa forense che si aggirano attorno ai 2.500 euro l’anno per i redditi minimi, fino a salire a cifre iperboliche per chi fattura oltre una certa soglia. Il secondo problema è rappresentato dalle spese per la gestione dello studio: affitto al mese, segretari, praticanti e collaboratori. Terzo problema sono le aliquote per le fatturazioni: il 22 per cento a cui va ad aggiungersi il 4 per cento per la pensione. Somme che pesano nella dichiarazione dei redditi a fine anno.
Ecco il motivo per il quale c’è una controtendenza rispetto agli anni passati con un aumento di revoche dell’iscrizione. «È tramontata un’epoca. Quella dei grandi studi legali che accoglievano i giovani e ne facevano grandi avvocati. Gli stessi che nel corso di decenni hanno fatto la storia del distretto di Napoli. Questo non vuol dire però che non si possa intervenire, ma bisogna farlo in fretta e innanzitutto agire sui criteri di accesso alla professione».
Attilio Belloni, presidente della Camera penale di Napoli, una delle più grandi d’Italia, non ha dubbi: «La fuga da questo mestiere è il segnale di una crisi che attanaglia il nostro paese e in particolare la nostra città e questo distretto». La Camera penale di Napoli, però, ultimamente ha firmato un protocollo d’intesa proprio per la rideterminazione delle tariffe minime. «Vogliamo assumere un ruolo di punto di riferimento per i giovani avvocati che ne hanno bisogno, vogliamo offrire loro assistenza, consigli, atti concreti», conclude Belloni. Per Francesco Caia, componente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli avvocati, il problema è legato non solo al numero vorticoso di iscritti ma alla circostanza che «gli avvocati sono i professionisti peggio pagati».
Ecco perché l’Ordine ha «firmato una mozione, che è diventata disegno di legge al Parlamento, sull’equo compenso. E in particolare sui limiti alle contrattazioni al ribasso che esistono tra avvocati ed enti pubblici: contrattazioni che ledono la dignità del nostro mestiere». Di diverso avviso Gianfranco Mallardo, componente del Consiglio dell’Ordine del distretto di Napoli: «Non c’è una fuga dal mestiere ma una scarsa qualità del lavoro, dovuta essenzialmente alla impossibilità per un avvocato di potersi aggiornare a causa della scarsità di mezzi economici a disposizione. Questo lavoro sta diventando un ammortizzatore sociale per chi non ha successo e possibilità in altri settori».
Cassa forense I costi partono da circa 2.500 euro annui per i redditi minimi, poi aumentano