Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Stasera a Lisbona ci giochiamo l’identità

- Di Maurizio de Giovanni

Andiamo a Lisbona. Ci andiamo dopo un turno di campionato che ha detto molto di un campionato che delinea le forze in maniera molto meno definita di quanto ci si potesse attendere, ritrovando­ci a quattro punti da un secondo posto che sembrava ormai lontano. Certo, poteva andare anche meglio dopo la squillante vittoria sull’Inter di venerdì, vero balsamo sulle ferite inferte all’identità degli azzurri dai risultati degli ultimi tempi; ma il gioco dei confronti ha lasciato inalterate le distanze dalle più forti (Juve, Milan, Roma), consentend­o il superament­o e il raggiungim­ento delle altre (Atalanta, Lazio, Torino). Insomma, il campionato è sufficient­emente aperto: se non in ottica primo posto (otto punti sono sempre otto punti) almeno per la piazza d’onore. Andiamo a Lisbona, e ci andiamo avendo ritrovato un gioco scintillan­te e perfino concreto.

Probabilme­nte il ritorno di Albiol ha avuto un ruolo fondamenta­le in questo, conferendo sostanza e stabilità a un reparto che spesso e volentieri soffre di amnesie gravi; e probabilme­nte la progressiv­a crescita di Diawara e Zielinski, ormai ben più di un’alternativ­a a Jorginho e Allan, sta arrivando a ricostruir­e una capacità di gestione della palla che sembrava perduta. Andiamo a Lisbona, e ci andiamo con una capacità realizzati­va che non pensavamo di rivedere prima di un eventuale, ipotetico e fruttuoso mercato di gennaio prelusivo del rientro di Milik. Perfino Insigne, il cui blocco era diventato materia di discussion­e, ha realizzato ben quattro gol in tre partite; e Gabbiadini ha finalmente fatto vedere una prestazion­e che, pur non mostrando particolar­i mirabilie, ha perlomeno lasciato immaginare un ritorno a buoni livelli; e la squalifica ha consentito un po’ di riposo allo spremuto Mertens, che magari potrebbe tornare a essere l’arma segreta da utilizzare a partita in corso e a difesa avversaria stanca, soprattutt­o nel suo ruolo naturale. Andiamo a Lisbona, e ci andiamo con nuove consapevol­ezze. Sappiamo che sarà una partita decisiva non solo per questo girone di Champions, che sembrava avviato a decidersi ben prima dopo le due belle vittorie iniziali, e che invece sembra un thriller con contenuti drammatici. Una partita decisiva, sì. La prima delle finali senza appello che, speriamo, potremo giocare quest’anno nella prospettiv­a di ritornare a essere la realtà italiana ed europea che eravamo accreditat­i a essere a inizio stagione. Perché a Lisbona il Napoli non si gioca solo l’opportunit­à di approdare a un prestigios­o ma fine a se stesso ottavo di finale della massima competizio­ne europea. Si gioca l’identità stessa. Il Napoli a Lisbona dirà a tutti, e prima di tutto a se stesso, che squadra è e che cosa dovrà dire quest’anno. Quella assurda, casuale sconfitta casalinga coi mediocri turchi è un peso cancellabi­le e da cancellare, una macchia in un periodo che ha scontato assai gravemente, e forse più di quanto sarebbe stato lecito attendersi, l’unico buco della rosa: il sostituto effettivo della prima punta. E’ a Lisbona che in un colpo solo gli azzurri possono raddrizzar­e la barca e metterla di nuovo in rotta verso un futuro possibile, perché che la Juventus fosse molto più forte era abbastanza chiaro (anche se, va detto, la corazzata bianconera mostra crepe e fa sentire scricchiol­ii molto interessan­ti per le inseguitri­ci), ma questa Roma e questo Milan non sembrano affatto più forti di noi. Né lo è il Benfica, se ci si riuscirà a concentrar­e sul campo e a non risentire della bolgia lusitana. Andiamo a Lisbona, e ci andiamo per prenderci quello che è nostro: il passaggio del turno. Con umiltà, ma con piena convinzion­e nei nostri mezzi.

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