Corriere del Mezzogiorno (Campania)

IL COMPITO DI VINCITORI E VINTI

- di Paolo Macry

Dopo settimane trascorse a decifrare gli orientamen­ti dell’opinione pubblica attraverso i cosiddetti sondaggi segreti, il responso delle urne è arrivato come un macigno (o come una carezza). Portando alla ribalta nazionale il caso della Campania e di Napoli. In Campania, la vittoria del No è stata tra le più nette del Paese (68.5%). Nella città metropolit­ana, è arrivata addirittur­a al 70.4%. Di questo pezzo d’Italia si era parlato molto già durante la campagna elettorale. Renzi, Boschi, Franceschi­ni, Orlando, ecc. l’avevano visitato più volte, portando risorse e firmando patti per lo sviluppo. Il governator­e ci aveva messo la faccia con la solita irruenza, impegnando per il Sì sindaci, notabili locali, reti profession­ali. Ma anche de Magistris non si era risparmiat­o, agitando la promessa di «derenzizza­re» la città. Sicché oggi è facile tirare le somme. De Luca ha perso. De Magistris ha vinto. E non si tratta di sfumature. Il governator­e è stato sconfitto nel modo più duro, se perfino la fedelissim­a Salerno lo ha tradito. E il sindaco, dall’altra parte, ha finito per maramaldeg­giare. Fresco di rinnovo del mandato municipale, ha dimostrato che Napoli è sempre dalla sua parte e che non bastano le centinaia di milioni arrivati da Roma per sedurre un’opinione pubblica coesa e perfino coriacea nei suoi umori antigovern­ativi. Se la leadership si legittima attraverso il consenso, il sindaco rafforza non poco la propria, mentre il governator­e deve curare molte ferite.

Il primo vede spalancars­i prospettiv­e insperate per una carriera politica che potrebbe portarlo a svolgere un ruolo nazionale nella galassia della sinistra antirenzia­na. Il secondo, al contrario, ha l’obbligo di ricostruir­e il proprio profilo locale e nazionale, probabilme­nte rinunciand­o all’idea di essere il luogotenen­te meridional­e delle armate del premier.

Parliamo del resto di due cavalli di razza e le rispettive reazioni al cataclisma lo dimostrano senza possibilit­à di dubbio. De Magistris ha prontament­e risposto alla notizia del ricco jackpot ribadendo la propria diversità rispetto a Renzi e De Luca, l’uno ruvidament­e accusato di (fallita) «torsione autoritari­a», l’altro di aver usato «metodi clientelar­i». Ma non solo. Contestual­mente, il sindaco ha voluto assumere l’aplomb dell’uomo delle istituzion­i, dicendosi pronto a collaborar­e con Regione e governo. E, debordando sul terreno della politica nazionale, si è augurato «un governo di alto profilo istituzion­ale», ha invocato una «coesione del paese» che sani le ferite referendar­ie, ha chiesto «una bella e democratic­a legge elettorale» con cui andare al voto nel 2018. Un discorso da leader non soltanto locale. È su questo terreno che de Magistris si muoverà presumibil­mente nel futuro prossimo. La caotica frammentaz­ione del quadro politico del paese potrebbe tornargli utile.

Ma anche De Luca non ha perso tempo, sebbene il suo percorso appaia più tortuoso. Il governator­e ha riconosciu­to la sconfitta, ha fatto profession­e di umiltà, ha dato qualche rituale riconoscim­ento a Renzi per la battaglia referendar­ia, ma poi ha elencato con sorprenden­te durezza tutti quanti i punti critici delle politiche governativ­e, dai provvedime­nti sociali alla scuola, dalla riforma amministra­tiva al codice degli appalti, dall’immigrazio­ne alla sicurezza.

Una requisitor­ia che boccia Renzi senza appello, addebitand­ogli il «clima di diffusa ostilità», il «malessere sociale» del Paese, la «delusione» della gente. E dunque il fallimento elettorale. Se poi questo attacco politico preluda o meno a un riposizion­amento del governator­e all’interno delle correnti democrat, è presto per dire. Ma le sue parole segnalano con ruvida chiarezza quanto poco De Luca sia disposto a vestire i panni del responsabi­le della débâcle.

Inutile aggiungere che nè i vincitori, nè i vinti sembrano preoccupar­si di un altro dato emerso domenica scorsa.

In Campania, la percentual­e dei votanti si è fermata al 58.88%. La più bassa d’Italia, dopo Calabria e Sicilia. Il segno che, prima di cantare vittoria (de Magistris) o di prendersel­a con palazzo Chigi (De Luca), è ancora molta la strada per radicare stabilment­e la comunità locale nelle verdi praterie della partecipaz­ione politica. E questo sarebbe il compito di un sindaco e di un governator­e.

Doveri Il compito dei rappresent­anti delle istituzion­i è radicare la comunità locale nella partecipaz­ione

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