Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Claudio Cupellini: «La città abbia cura dei suoi talenti»
Claudio Cupellini è uno dei registi della squadra di «Gomorra. La serie» ma ha raccontato la criminalità napoletana — sia pur tangenzialmente — anche nel suo pluripremiato «Una vita tranquilla» (del 2010) con Toni Servillo e Marco D’Amore. Giovedì pomeriggio il regista veneto sarà a Napoli, tra i protagonisti della serata di CasaCorriere, per parlare di riscatto attraverso la creatività.
Cupellini, «Gomorra» cosa rappresenta? Un riscatto creativo di Napoli o un atto di accusa verso la città?
«Assolutamente un riscatto creativo, per tutto quello che rappresenta, per tutti quelli che ha messo al lavoro. Quello dell’immagine negativa di Napoli è un discorso ormai vecchio. Gomorra è il racconto di una parte di Napoli che non va nascosto sotto il tappeto. Ma quel racconto è vero qui come altrove e serve a far riflettere, non a puntare il dito. Del resto anche a Roma o in altre città italiane la criminalità esiste, perfino nella tranquilla Padova da cui provengo».
I primi due cicli di «Gomorra» sono ambientati nel quartiere periferico di Scampia. Ma anche la Sanità è una zona difficile: è un possibile set?
«Quest’anno ci siamo stati. Con Gomorra 3 ci siamo affacciati al centro di Napoli. Certo, anche qui c’è la camorra, ma anche una grande tradizione. Palazzo dello Spagnuolo, dove dopodomani saremo per CasaCorriere, trasuda storia. Spero che territori sensibili e ricchi di cultura come questo vengano recuperati appieno dalla città».
C’è una differenza secondo lei tra camorra periferica e camorra del centro cittadino?
«Mi è sembrata la stessa cosa. So che nelle zone della Sanità, con le stese e con altri episodi, ci sono forze che cercano di prendere il potere. Forse qui i clan durano meno che altrove. Però non direi che c’è una differenza antropologica».
In cosa consiste il fascino di una serie come «Gomorra»? La fascinazione del male è universale o c’è una specificità napoletana?
«Il racconto del male ha sempre un grande fascino, ma, ripeto, potrebbe essere anche ambientato altrove. Napoli non è l’unica città con problemi di criminalità».
Lei ha raccontato la camorra anche nel suo film «Una vita tranquilla», dove il protagonista Servillo, killer diventato ristoratore in Germania, viene riproiettato all’improvviso nella sua vecchia vita.
«In realtà quello è stato solo un caso. In quel film non volevo parlare in particolare di camorra, è invece una storia di rapporti tra padre e figlio, di passato che ritorna. Una vicenda personale, esistenziale».
Ha lavorato con Servillo, esponente di punta della Napoli creativa.
«Sì, è stata una bellissima esperienza, come pure quella di Gomorra. Napoli ha grandi numeri nel suo teatro e nel suo cinema. Anzi, è incredibile notare come oggi gran parte dei migliori talenti dello spettacolo vengano da Napoli. Se fosse così anche nel resto d’Italia il nostro cinema si risolleverebbe di colpo. Per questo Napoli deve avere a cuore i propri talenti, tenerli molto cari. Costituiscono una risorsa inesauribile».