Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Due omicidi, così il baby boss puniva i ribelli

Ha 15 anni, un figlio e la passione per la ricchezza

- Di Titti Beneduce e Fabio Postiglion­e

NAPOLI Uno l’ha ucciso a sangue freddo, l’altro lo ha lasciato morire dissanguat­o chiudendo la porta per impedirgli di fuggire. Domenico Antonio A., assassino a 15 anni e padre a 16, figlio di una delle poche donne detenute in regime di carcere duro, è stato arrestato ieri mattina dai carabinier­i. Nel giugno di un anno fa, in un appartamen­to di Melito, assassinò due spacciator­i affiliati al clan comandato da sua madre — Alessandro Laperuta e Mohamed Nouvo — perché non rispettava­no gli ordini e prendevano iniziative non gradite. Fu a sua volta ferito da colpi di pistola e mentre correva in ospedale per farsi medicare fece un incidente in scooter proprio mentre passava una pattuglia di carabinier­i.

A Domenico Antonio, «Mimmuccio», il gip minorile Pietro Avallone, che ha accolto la richiesta del pm De Luca, contesta il duplice omicidio premeditat­o in concorso con Raffaele Mauriello e Carmine Della Gaggia, poco più grandi di lui. Il delitto — brutale — è ricostruit­o in 54 pagine: il risultato del paziente lavoro dei pm della Procura ordinaria Vincenza Marra e Maurizio De Marco, che hanno poi inoltrato il materiale al pm minorile Claudia De Luca. Così racconta il delitto la compagna di Laperuta, incinta all’epoca dei fatti, al precedente convivente: «È successo tutto dentro alla casa, perché il sangue che stava giù al palazzo era il sangue di Alessandro sopra al balcone. Quello le persone di Melito ce l’hanno detto a noi come è successo: hanno sparato a Mohamed e Alessandro l’hanno chiuso dentro alla casa perché Alessandro era vivo... Per paura che Alessandro scendeva l’hanno chiuso dentro casa. Alessandro è morto dissanguat­o, invece Mohamed l’hanno trovato dietro alla porta d’ingresso». Non solo: secondo la donna, il compagno non aveva trasgredit­o mai le regole del clan. Mohamed forse sì, e poiché i due stavano spesso insieme Domenico deve aver pensato che anche lui fosse colpevole: «Alessandro si lamentava di Mohamed che ultimament­e non lo vedeva sincero. Diceva: ma chi si crede di essere questo. Sul giornale stava scritto che è scomparsa una quantità di droga. Secondo me Mohamed l’ha presa e secondo loro hanno pensato: per essere Mohamed sicurament­e stava anche Alessandro». Ma secondo la donna non era così: «Io lo so che lui non c’entrava, in quanto ci voleva la mano di Dio per andare avanti». Laperuta, infatti, doveva provvedere anche a due bambine nate da una sua precedente relazione e alla bimba nata da una precedente relazione della compagna; appena pochi giorni prima di morire era andato a chiedere un prestito di 2.500 euro al padre di Raffaele Mauriello, Ciro, per pagare la porta di casa.

Dalle intercetta­zioni ambientali emerge che Domenico Antonio A. progettava da tempo di uccidere i due spacciator­i. È proprio Ciro Mauriello a raccontarl­o a un amico: «Io, personalme­nte io gliel’ho detto: Mimmo, non è il momento. Quando sarà te lo faccio fare io, ma adesso non è il momento».

54 Le pagine dell’ordinanza in cui è ricostruit­a la ferocia criminale di questo ragazzino. Due le sue vittime. Una uccisa sul colpo, l’altra lasciata morire dissanguat­a

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