Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Clan e appalti, nei guai i Cesaro
Secondo l’accusa gli imprenditori erano in affari con i «Polverino». Il pentito: ecco come compravamo i voti In cella Aniello e Raffaele: sono i fratelli di Luigi, deputato di Forza Italia, che è indagato
Appalti e clan, finisce nei guai la famiglia degli imprenditori Cesaro, accusati di essere in affari con i Polverino. Per due fratelli si sono aperte le porte del cvarcere, il deputato di FI Luigi è indagato. Un pentito: così compravano i voti.
NAPOLI Un’area Pip (Piano di insediamento produttivo) costruita a Marano con materiali scadenti, per riciclare soldi della camorra, dopo avere intimidito i proprietari dei suoli. Un collaudo che non poteva essere certificato, ottenuto con pressioni e documenti falsi grazie alla società di fatto con il boss Angelo Simeoli: Aniello e Raffaele Cesaro, fratelli di Luigi, deputato di Forza Italia ed ex presidente della Provincia di Napoli, sono da ieri in cella con l’accusa pesantissima di concorso esterno nel clan Polverino. Oltre a loro i carabinieri del Ros, con il colonnello Gianluca Piasentin, hanno arrestato altre tre persone: Antonio Di Guida, Pasquale Di Guida e Oliviero Giannella; sequestrati beni per 70 milioni. Luigi Cesaro è iscritto nel registro degli indagati per vicende che hanno a che vedere anche con la sua attività politica. L’operazione di ieri segue di pochi mesi il sequestro dell’area Pip (Piano di insediamento produttivo), che si rese necessario alla fine dello scorso anno poiché le costruzioni scadenti rischiavano di avere conseguenze sulla pubblica incolumità a causa del mancato collaudo e alla pessima esecuzione delle opere della rete fognaria, idrica ed elettrica. La speculazione di Marano non è l’unica: una colata di cemento è stata fatta anche a Napoli, dove per esempio la clinica Villa dei Gerani di viale Colli Aminei è stata trasformata in un condominio di lusso. Complessi residenziali realizzati attraverso le imprese dei cugini Antonio e Pasquale Di Guida i quali, con la partecipazione dell’ingegnere Oliviero Giannella, avrebbero garantito la fittizia intestazione degli immobili alle società costruttrici schermando la reale titolarità da parte di esponenti del clan. La vicenda è ricostruita nelle 400 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Francesca Ferri. Le indagini sono dei pm Mariella Di Mauro e Giuseppe Visone, con il coordinamento del procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli. I Cesaro, dunque, secondo l’accusa si avvalevano delle condizioni di forza del loro patto con il clan e applicavano di conseguenza il potere intimidatorio in ogni fase dell’iter amministrativo nella realizzazione del Piano. Hanno imposto al sindaco di Marano dell’epoca una variante al piano regolatore per l’approvazione del Pip, ma hanno anche determinato la nomina di un professionista di fiducia, Gennaro Pitocchi, per redigere lo studio di fattibilità del Piano e predisporre gli atti necessari per l’indizione e lo svolgimento della gara in modo da pilotarla a loro favore. Hanno, infine, predisposto atti e certificazioni false anche per ottenere il collaudo tecnico amministrativo provvisorio delle opere, esercitando pressioni su pubblici funzionari per costringerli ad attestare falsamente la conformità dei lavori.
Come il fratello Luigi, anche Aniello e Raffaele Cesaro, secondo il gip, hanno fatto di tutto per inquinare le prove: questo è uno dei motivi per cui ora sono in cella. Addirittura hanno chiesto al pm di essere interrogati per sapere che carte avesse in mano. «I fratelli Cesaro — scrive il gip — assumono atteggiamenti di propensione all’inquinamento probatorio quando ricevono la notifica dell’ordine di esibizione della documentazione del Pip: non consegnano subito la documentazione che, a differenza di quanto viene riferito nell’immediatezza dell’accesso dei carabinieri, è invece in loro possesso e per giorni tramano al fine di valutare l’opportunità di non consegnare le fatture ed altro, avendo come plausibile scusa il decorso del tempo».
«La scelta del clan — ha sottolineato in conferenza stampo il procuratore facente funzioni, Nunzio Fragliasso — è stata quella di affidarsi a imprenditori non organici ma che potevano avere entrature, contiguità e agganci con la politica, che a sua volta poteva agevolare l’aggiudicazione e la realizzazione dell’appalto, come puntualmente è avvenuto». Il comandante del Ros, generale Giuseppe Governale, ha parlato dei rapporti tra imprenditori, crimine e politica locale, «che rimane sullo sfondo quando non appare protagonista».
Nunzio Fragliasso «La cosca si è affidata a personaggi che potevano avere agganci con la politica»