Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’appello di Carolina Rosi: «La creatività salvi Napoli»
Carolina Rosi: soltanto la creatività può salvare Napoli
«In nessuna città c’è il fermento culturale di Napoli. Puntiamo su questo per salvarla».
«Deve esserci un’energia speciale che mi lega al Palazzo dello Spagnuolo, se penso ai tanti ricordi importanti che mi suscita questo luogo: l’interpretazione nel ’90 del film francese “Nel nome del padre e del figlio” diretto da Patrice Noia, le riprese fatte come assistente regista di papà per “Diario napoletano” nel ’92, e infine il fatto che le scene di “Questi fantasmi!”, che stiamo recitando in giro per l’Italia in questi mesi, si ispirano proprio all’architettura settecentesca di Sanfelice».
A parlare è l’attrice Carolina Rosi, che sarà oggi fra gli ospiti del primo appuntamento del nuovo ciclo di «CasaCorriere», l’iniziativa del «Corriere del Mezzogiorno» che sceglie di volta in volta un luogo simbolico della città e un tema su cui discutere. Stavolta «Il riscatto della creatività», al via oggi alle 18 in questo palazzo che fa da cerniera fra i rioni Vergini e Sanità, e dove Carolina sarà accompagnata anche da Tommaso De Filippo, il figlio di Luca molto attivo nella gestione della Fondazione Eduardo.
Partiamo proprio dal tema dell’incontro.
«Credo che il riscatto della creatività debba partire necessariamente dal recupero di quella moralità che è nel dna del popolo napoletano, a mio avviso più vittima che colpevole della situazione attuale in cui la criminalità sembra farla da padrone. Penso a mio padre Francesco Rosi, per esempio, e ai valori di giustizia ed eguaglianza che mi ha sempre trasmesso, o a quelli così presenti in tutte le commedie di Eduardo. Purtroppo per altri napoletani meno fortunati, miseria e ignoranza sono il brodo di cultura in cui la deriva malavitosa di una minoranza può attecchire più facilmente. Ma bisogna poi sempre interrogarsi sul perché per tanti anni le istituzioni non abbiano creato gli anticorpi necessari».
E la creatività che ruolo può giocare?
«Un ruolo fondamentale, perché è un termine che possiamo usare come sinonimo di napoletanità e lo dico senza nessuna tentazione oleografica. In nessun’altra città è possibile testare con mano il fermento che c’è qui, dalla scrittura alla musica, dal teatro all’arte. Da qualche tempo sto seriamente prendendo in esame la possibilità di trasferirmi a Napoli. Bisogna ripartire da questa ricchezza».
Uno degli obiettivi della Fondazione Eduardo di cui lei è presidente. Non è così?
«Certo, entro la fine dell’anno inaugureremo la sede della fondazione a Palazzo Scarpetta e, ricevute finalmente le necessarie dotazioni economiche, potremo partire con un’attività ancora più intensa e mirata. Per ora siamo contenti di aver organizzato un grande convegno sulla devianza giovanile, ultimo importante atto di Luca De Filippo, e di mantenere nel segno di Eduardo un contatto continuo con il carcere minorile di Nisida, con borse di studio sia per quello che concerne le diverse attività, che vanno dal teatro ai laboratori artigianali. Perché la cosa più importante è far intravedere a questi ragazzi un futuro possibile in un lavoro onesto, gratificante e di qualità. Poi ci sono i progetti culturali come l’organizzazione di una grande mostra sulla dinastia Scarpetta-De Filippo a cui lavoreremo dopo l’estate. Mentre nel frattempo pubblicheremo il carteggio fra Eduardo e Lucio Ridenti direttore de “Il Dramma”, e collaboreremo poi alle due fiction tv su Eduardo di Martone e di Rubini».
Poi c’è l’investimento produttivo su nuove compagnie e giovani attori.
«Salta ovviamente all’occhio il caso del “Sindaco del Rione Sanità” diretto da Martone presentato al Nest a San Giovanni a Teduccio. Ma è solo l’avvio di un percorso che speriamo di poter proseguire con sempre maggiori idee e mezzi».