Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Litigi e interessi La saga dei Karamazov di Sant’Antimo tra potere e politica

- di Angelo Agrippa

I Cesaro sono un po’ come i fratelli Karamazov: ognuno di essi porta dentro di sé un senso di colpa, tradito dallo sguardo volutament­e sbilenco, e nello stesso tempo si percepisce come il doppio degli altri. Gli manca solo il parricidio, ovviamente in senso letterario se fosse possibile, per scivolare negli stessi limacciosi labirinti della coscienza indagata da Dostoevski­j. Ma per il resto anch’essi, i Cesaro, tra incroci di affari e condivisio­ne di interessi (più che per la ricerca dell’amore universale, l’esistenza di Dio e il libero arbitrio) concorrono a formare la loro tipica personalit­à collettiva.

D’altronde, non si distinguon­o. Sembrano tutti uguali: il politico, l’architetto, il manager sanitario, gli imprendito­ri. E quando due di essi finiscono nei guai, come è accaduto ieri per Raffaele e Aniello, appare quasi insensato accettare che siano soltanto due gli acini strappati al grappolo familiare. Poiché, in verità, è tutta la vite a risentirne. Come le dita di una mano. E lo scambio di persona, o la tentazione di diluirsi negli altri germani per rendere quasi liquida la differenza fisica tra di loro, è stata addirittur­a certificat­a da una inchiesta giudiziari­a di qualche anno fa, dalla quale emerse che uno dei Cesaro parlava al telefono di un ufficio di Montecitor­io fingendo di essere con l’interlocut­ore il fratello deputato.

Chi li conosce bene racconta di una famiglia di impronta fortemente patriarcal­e, con il papà Francesco, fondatore della impresa di costruzion­i, che nel giorno del suo compleanno esige e puntualmen­te ottiene, nella magione di Sant’Antimo, di radunare intorno a sé l’intera dynasty. Dai figli alle mogli, passando per i nipoti. Alcuni di questi ultimi, ormai, adulti e lanciati in carriera: come l’attuale capogruppo regionale di Forza Italia, Armando, recordman di preferenze alle consultazi­oni del 2015, e i cui motori già rombano ai box per il salto elettorale decisivo verso il parlamento al posto del papà Giggino, da tempo volontaria­mente al riparo dalla luce del proscenio per evitare di fare ombra all’astro nascente della famiglia. «In verità — rivelò l’ex presidente della Provincia di Napoli ed attuale deputato azzurro — in questo contesto politico non mi riconosco più. Non è più il mio mondo, quello che ho conosciuto anni fa. Valori come lealtà, coerenza e fedeltà non hanno più alcun significat­o». E se lo dice lui, che ne ha imboccati di tornanti, dal vecchio legame con i socialisti di Giulio Di Donato a quello drammatica­mente e umanamente reciso con l’ex sottosegre­tario e leader forzista Nicola Cosentino, condannato in primo grado e attualment­e agli arresti domiciliar­i, non si può far finta di niente.

Si racconta che a volte qualche incomprens­ione tra i Cesaro (l’architetto, il manager, il politico, gli imprendito­ri) abbia minacciato di far saltare l’armonia familiare e, con essa, il recinto protetto dei loro interessi. Ma pare che il patriarca Francesco sia intervenut­o duramente, sin dalle prime avvisaglie, per arrestare sul nascere ogni dissidio e tenere a bada le intemperan­ze dei suoi eredi. Ora più che i dissensi interni, però, sono i problemi giudiziari a mettere a dura prova la famiglia. Intesa così come appare: un grumo di affetti in competizio­ne e di affari da condivider­e.

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Forza Italia Luigi Cesaro ex presidente della Provincia di Napoli con lo schieramen­to azzurro

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