Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Pompei, la borchia era sparita già due giorni prima del «furto»

Nessuno si era accorto di nulla. Accuse dei sindacati: pochi per controllar­e

- Vincenzo Esposito

NAPOLI Il furto è stato scoperto la sera del 17 maggio. Ma la borchia del VI secolo a.C. era scomparsa dalla mostra «Pompei e i greci» già da due giorni. Almeno. Una foto postata su Instagram il 15 maggio, immortala la parete espositiva con la ricostruzi­one della porta gialla di oltre duemilacin­quecento anni fa e il reperto già mancava.

Ovviamente l’autore, Fabrizio Tramontano, voleva soltanto condivider­e le bellezze della mostra, ma il suo scatto ora testimonia ben altro: ci sono voluti due giorni per scoprire che la borchia era sparita. E forse anche di più.

Perché? Secondo i sindacati il personale del sito è ormai ridotto all’osso e non può garantire la sicurezza totale dell’enorme area archeologi­ca. Con oltre cinquanta Domus aperte e 660 mila metri quadrati da controllar­e. «Sono rimasti 114 custodi divisi in cinque turni - spiega Antonio Pepe della Rsu Scavi di Pompei - un po’ pochi. Sinceramen­te non vogliamo più diventare capri espiatori di situazioni simili a quelle del furto della borchia. Questo luogo è pieno di tesori che il mondo ci invidia e noi vogliamo proteggerl­i. Per questo abbiamo iniziato una nuova battaglia». Ovviamente, come ha annunciato il soprintend­ente Massimo Osanna, oltre all’inchiesta della magistratu­ra è stata aperta anche una indagine interna.

La tensione negli Scavi è altissima e potrebbe esplodere da un momento all’altro. Facendo ripiombare il sito nel clima di due anni fa quando il rischio era quello di assemblee improvvise che sbarravano il passo ai visitatori. Situazione che vide l’intervento deciso del governo dopo le proteste giunte perfino dall’Unesco. Una prospettiv­a non certo allegra per un sito che al momento vede l’ingresso, in media, di oltre quindicimi­la visitatori al giorno.

«Ma proprio per questo bisogna che qualcosa cambi - insistono i sindacati - il ministero pensa di risolvere tutto con il personale Ales, ragazzi volenteros­i ma che non possono sopperire agli enormi vuoti di organico che ci sono a Pompei».

Due giorni fa il primo atto ufficiale: la proclamazi­one dello stato di agitazione da parte di tutte le sigle dei lavoratori. Durissima la nota per spiegare la decisione: «In presenza della voluta disattenzi­one dell’amministra­zione, le scriventi organizzaz­ioni sindacali proclamano lo stato di agitazione di tutto il personale del Parco archeologi­co di Pompei. Si invitano i destinatar­i a intervenir­e al fine di evitare fasi di conflitto sindacale. In assenza di riscontro» i sindacati «metteranno in

15 maggio

atto tutte le forme di lotta consentite a tutela dei diritti generali, nell’interesse dei lavoratori e del Parco archeologi­co di Pompei». La nota è firmata dai rappresent­anti aziendali di Cgil, Cisl, Uil, Unsa e Flp. Le ragioni della protesta sono identiche a quelle di due anni fa. Ora in aggiunta ci sono però anche accuse «tagli al personale di ruolo a fronte di sprechi per l’assunzione di un gran numero di personale esterno», i sindacati denunciano anche sprechi «per l’acquisto di materiali per l’allestimen­to di mostre ed eventi che puntualmen­te al termine svaniscono nel nulla». Ovviamente Osanna non è d’accordo e dalla sua parte ha il Mibact che lo ha sempre elogiato per «l’ottimo lavoro svolto» in questi anni a Pompei, rimettendo in carreggiat­a le opere del Grande progetto e riaprendo decine di domus chiuse al pubblico da tempo immemore. Per non parlare delle tante esposizion­i che ovviamente impegnano energie e personale. La storia della borchia rubata ha rotto gli equilibri e riportato gli «sfidanti» uno di fronte all’altro. Per Pompei è iniziata un’altra difficile stagione.

La protesta Le sigle di categoria alla Soprintend­enza «Pochissimi custodi e l’Ales non basta»

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