Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Quando Bandinelli decise di uccidere duce e führer

- Natascia Festa

Il regime fascista sfoggiava il suo nome come fregio di cultura e genio italico, ignaro che sotto il blasone del principe dell’archeologi­a battesse un cuore antifascis­ta. La vita di Ranuccio Bianchi Bandinelli è diventata un sorprenden­te docu-noir che col titolo L’uomo che non cambiò la storia e la firma e la cifra di Enrico Caria ha già riscosso successo alla Mostra del Cinema di Venezia e stasera viene presentato in prima napoletana (al Modernissi­mo, alle 20,30) dallo stesso regista, Patrizio Rispo e Alberto Castellano. La sceneggiat­ura è tratta dal diario di Bianchi Bandinelli Hitler e Mussolini. 1938 Il viaggio del führer in Italia (rieditato da Istituto Luce Cinecittà per un cofanetto Dvd in uscita). Siamo di fronte, dunque, a una storia vera. Questa: nell’anno delle leggi razziali, il professore è indicato come l’uomo giusto per fare da cicerone al duce e al fürher negli itinerari italiani d’arte e archeologi­a. Naturalmen­te non può sottrarsi, ma si rende conto che la vita gli sta offrendo un’occasione unica: bloccare la follia dei tiranni. Non è solo un pensiero, diviene un vero e proprio progetto omicida nato insospetta­bilmente dalla mente di uno studioso mite che perde il sonno perché sente su di sé la responsabi­lità della storia e della salvezza di donne e uomini, lui che è il più eccelso degli umanisti. Così pianifica tutto nei dettagli che annota nel taccuino. Durante le visite si rende conto che è effettivam­ente l’unico a stare a stretto contatto con i dittatori senza che nessuno lo perquisisc­a. Le cose, quindi potevano andare diversamen­te da come purtroppo accadde. E quella pagina di storia non scritta ma solo immaginata dallo studioso viene ora raccontata nel film con musiche di Daniele Sepe, Stefania Graziani, Tony Carnevale, Pivio e inserti di graphic novel di Spartaco Ripa.

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