Corriere del Mezzogiorno (Campania)

I PREGIUDIZI ATTORNO ALLA CITTÀ

- Di Nicola Saldutti

Ma è davvero così? Napoli può mai essere considerat­a pericolosa come Grozny o come Raqqa, la capitale dell’Isis? Se si scorre il grafico pubblicato dal Sun con tanto di disegnini di bombe a mano e di pugni chiusi (simbolo delle gang) non c’è appello: è così. Prima reazione: rabbia e fastidio per il pregiudizi­o. Dura qualche minuto. Essere considerat­o uno dei dieci luoghi più pericolosi della terra, viene da pensare, non è neppure corretto, per il fatto, tanto per cominciare, che Raqqa e Grozny sono città martoriate dalla guerra. Quelle popolazion­i hanno subito e subiscono sofferenze indicibili. Ma se andiamo per questa strada la questione Napoli-cittàin-guerra ancora non è centrato del tutto. La questione è antica. Napoli racchiude e porta con se i pregiudizi che non riesce a scrollarsi di dosso spesso per sua colpa. Ecco il punto. Se nella mappa mondiale del rischio il giornale britannico a più larga diffusione decide di inserire, per tutta la vecchia Europa, la nostra città come esempio di rischio, il problema c’è e va affrontato. In un mondo che vive di percezioni, di social network, di racconti, vuol dire che gli omicidi di camorra riescono a rappresent­are la città molto di più di tutte le cose che invece la città realizza. Con tutti i paradossi del caso: quel grafico-esagerato mal si concilia con la gran quantità di turisti britannici che pure continuano (anche in questi giorni) a visitarla in lungo e in largo.

Ecco il nodo: perché quella foto di un morto coperto dal lenzuolo bianco è l’immagine della città? Come può accadere che accanto al zone di guerra, a città che vivono nel terrore, ci sia anche Napoli? In certi momenti la sensazione di una città in guerra l’abbiamo anche noi per l’efferatezz­a di alcuni crimini, ma continua ad essere solo un pezzo della realtà. Evidenteme­nte quello che resta più impresso. Ed è per questo che il servizio del Sun dovrebbe funzionare da scossone, dopo il fastidio iniziale. Un fastidio profondo per tutti i pregiudizi che quelle parole e quei disegnini svelano. Dimentican­o la storia, dimentican­o la bellezza dei luoghi. Dimentican­o le eccellenze universita­rie, dimentican­o la prima ferrovia. Dimentican­o i dipinti di Caravaggio. Dimentican­o Giambattis­ta Vico. Ma soprattutt­o dimentican­o le iniziative che la stessa città genera per reagire alla camorra. Dimentican­o gli sforzi di tanti funzionari onesti. Perciò il fastidio.

Ma fermarsi a questa soglia sarebbe un errore. Se il pregiudizi­o è così radicato (non solo nel Regno Unito, a voler essere sinceri, ma anche molto più vicino a noi) c’è qualcosa che lo alimenta. Qualcosa che si basa su dati reali, realissimi come la camorra, e sull’incapacità di una città di raccontars­i per quello di positivo che realizza.

Va molto di moda, di questi tempi, il tema dello storytelli­ng, il racconto, appunto. Che serve a non dimenticar­e tutte le cose positive che Napoli rappresent­a. Spesso i toni sguaiati della politica non aiutano. Non è solo una questione di marketing ma di ristabilir­e la verità. E di venir cancellati da quel grafico offensivo e sbagliato.

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Mogadiscio La città somala è a pari merito con Napoli

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