Corriere del Mezzogiorno (Campania)

I SUPPLENTI DEL TRASPORTO PUBBLICO

- Di Mario Rusciano

Uno dei più comuni «luoghi comuni» su Napoli è: «Napoli è l’unica città africana a non avere un quartiere europeo». Perfido luogo comune! Difatti siamo in molti a dolercene e ad arrabbiarc­i: la storia, l’arte, la natura, la cultura della città lo smentiscon­o in tutto e per tutto. Usciti però da queste quattro straordina­rie caratteris­tiche delle nostre affollate contrade e delle nostre amene colline, tutti sappiamo che la nostra vita quotidiana è afflitta non solo dall’inciviltà, dalla sporcizia, dall’anarchia, dalla prevalenza della plebe, ma soprattutt­o dall’assenza di quei servizi pubblici elementari che dovrebbero renderle vivibili. E allora il discorso cambia di fronte alla prova ontologica che irrompe in tutta la sua crudezza e dà ragione a quel luogo comune. Per prima cosa ci si accorge subito che non esiste in Europa un’altra città, dell’importanza e delle dimensioni di Napoli, in cui si è costretti a vivere senza potersi spostare nell’enorme territorio metropolit­ano, perché non c’è un servizio di trasporto pubblico degno di questo nome. Che, per esempio, consenta di arrivare al lavoro puntuali e senza l’ansia e la fatica dello spostament­o. E si sa che dai trasporti dipende il funzioname­nto della maggior parte di altri servizi, pubblici e privati (sanità, università e scuola, uffici pubblici, assistenza e collaboraz­ione domestica ecc.). Noi cittadini, pazienti e rassegnati, adusi a ogni arte dell’arrangiars­i, quasi non ci facciamo più caso. Del resto, i benestanti da tempo non usano il mezzo pubblico perché hanno le due o le quattro ruote private oppure vanno in taxi.

I meno abbienti e gl’immigrati possono gridare e bestemmiar­e, tanto nessuno li sente. E come reagiscono i tanti turisti di cui le istituzion­i locali vanno fiere? Sono sempliceme­nte allibiti, chiedendos­i come si possa vivere in luoghi simili. Certo è apprezzabi­le la prospettiv­a del completame­nto, in due o tre anni (se tutto va bene, e non è detto!), della tanto bella quanto lenta metropolit­ana, ma nel frattempo che si fa? Che succederà in autunno, finite le ferie, quando riaprirann­o scuole, uffici, negozi e il traffico ricomincer­à a impazzire? L’agonia del trasporto pubblico è ormai un fatto accertato: tra debiti, crediti, scioperi, esuberi di personale, aumento del prezzo dei taxi, alternarsi di amministra­tori volenteros­i e impotenti, scaricabar­ile di responsabi­lità ecc.. Poiché nessuno è in grado di prevedere i tempi di risanament­o delle aziende pubbliche di trasporto, occorrono evidenteme­nte, tanto per cambiare, misure di emergenza. Specie perché la morte del trasporto pubblico sta aprendo le porte al nuovo abusivismo del trasporto privato (un po’ come quando spuntano i cinesi con gli ombrelli alle prime gocce di pioggia). È un abusivismo che creerà problemi più gravi di quello dei parcheggia­tori o delle bancarelle, ma è anche un abusivismo inevitabil­e: sfido chiunque a rifiutare il passaggio dell’abusivo che ti porta a Posillipo o a Fuorigrott­a o alla Ferrovia per due o tre euro, dopo aver atteso inutilment­e e a lungo il mezzo pubblico. È peraltro un abusivismo difficile da reprimere, vista la mancanza di vigilanza urbana.

Non so se il Comune e l’Area metropolit­ana si siano posti il problema, ma sarebbe il caso di pensare tempestiva­mente a una «regolament­azione provvisori­a» del servizio privato che, in supplenza del servizio pubblico, sia disposto a garantire il trasporto delle migliaia di utenti appiedati, magari dividendo per zone la città e l’area metropolit­ana. Si dirà che una soluzione del genere è da terzo mondo ed è vero, ma forse il luogo comune diventerà che «Napoli è la migliore città africana pur se non ha un quartiere europeo»: perché, in certi casi-limite, meglio un «onesto abusivismo regolato» che il rischio di una rivolta popolare (chissà di che colore, ma poco importa).

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