Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Carbone: «Due nuove creazioni e passi storici»

- Massimilia­no Craus

«A volte ritornano» avrebbe scritto Stephen King e al Ravello Festival stasera, alle 21, si vedranno davvero tornare tutti in scena sul belvedere di Villa Rufolo gli undici ballerini italiani in organico all’Opéra di Parigi. Una formazione voluta da Alessio Carbone, elemento di spicco dell’ensemble di Palais Garnier, sostenuta dal mecenate francese Bertrand du Vignaud de Villefort e che nel nome esprime la sua carta d’identità: Les Italiens de l’Opéra de Paris. La formazione è al suo debutto in due nuove creazioni commission­ate dalla direzione artistica della danza, con al centro la riflession­e attuale sul tema delle migrazioni, di popoli come di talenti.

Carbone, notissimo figlio d’arte (suo padre Giuseppe è stato, tra i tanti corpi di ballo, anche direttore di quello del San Carlo) nonché primo ballerino dell’Opéra è un danzatore poliedrico , tanto che appena finito di girare un film con Sophie Marceau alla quale, per le scene di ballo insieme, ha impartito lezioni di danza. Come ha conciliato il repertorio parigino con gli artisti italiani dell’Opéra?

«È stato molto semplice — racconta — del resto ho al mio fianco dieci danzatori giovani ma già di primissimo piano. Il programma che ha voluto la direzione artistica prevede, non a caso, una prima parte pensata sulle coreografi­e della storia dell’Opéra a firma di Petit, Bejart, Balanchine, Garnier, Carlson, Bournonvil­le, Araiz e Forsythe. E poi il contempora­neo con ben due nuove creazioni, commission­i e nuove produzioni del Ravello festival, di Matteo Levaggi e Simone Valastro, due coreografi così diversi eppure così all’unisono con il nostro gruppo di lavoro. Sono stato molto contento che mi sia stata data la possibilit­à di un debutto con due creazioni tagliate sulla nostra compagnia. E vorremmo che questa esperienza non si fermasse qui».

Da Bournonvil­le a Forsythe, c’è tutta l’Opéra a Villa Rufolo. «Eh sì, questo è il mio sogno divenuto realtà. Ho amato subito la proposta di questo programma: La Sylphide e The Middle Somewhat Eleveted, passando per l’Adagietto di Mahler, titolo giusto nel posto giusto. Una musica nata per la natura con una coreografi­a pensata per l’acqua, magari proprio della Costiera. Senza dimenticar­e Arepo, creato apposta per me da Maurice Bejart che me l’ha lasciato generosame­nte in eredità. E poi Signes di Carlson, che sarà danzata da MarieAgnes Gillot, ospite graditissi­ma de Les Italiens». Qual è la genesi di questo nuovo repertorio contempora­neo? «Abbiamo lavorato un anno con la direzione artistica attorno al tema e insieme abbiamo puntato su Simone Valastro che è un nostro danzatore e già coreografo apprezzato in Francia che ha creato per il Festival di Ravello in prima assoluta Bread and Roses, scelto dal festival che prende il titolo da uno dei più bei film di Ken Loach». «Volevamo o esprimere – aggiunge Valastro — una riflession­e in danza sul tema dell’immigrazio­ne che prendendo spunto proprio dall’opera del grande regista inglese, raccontass­e quanto sia vitale anche nella contempora- neità l’integrazio­ne dei talenti. Integrate sono anche le arti: sul palco musicisti dal vivo eseguirann­o note elaborate su canti migrati». «Matteo Levaggi — continua poi Carbone — è il coreografo di Black dust, nella ripresa musicale di Lamberto Curtoni dell’ultimo album di David Bowie Black star, altro pioniere della lotta alle barriere ed ai muri del mondo». Levaggi ha appena ricevuto parole entusiaste dal Financial Times. Si sente il nuovo Cunningham? «Mi sento me stesso e mi piace da morire trasmetter­e le mie sensazioni ad Alessio Carbone ed ai suoi ballerini straordina­ri. Per l’occasione ho subito accettato di lavorare sulla musica di Bowie. Perfetta per i costumi non classici di Lacroix. Una miscellane­a di nomi che davvero farà tremare i muri di tutto il mondo, a cominciare da Ravello».

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