Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Un corpo a corpo troppo dannunzian­o

- Di Vladimiro Bottone a pagina

Giuliano, nonostante le risonanze pagane del suo nome, credeva nella necessità del senso di colpa (come un ebreo o un cristiano). Ad onta di tali premesse, da quando Giuliano incontrò Iris ad un vernissage, del senso di colpa non si fece più menzione. Anche perché Iris – appartenen­do a un fototipo tra biondo e fulvo, con una carnagione cosparsa di efelidi – finiva per incarnare quello che per Giuliano costituiva il tipo ideale di bellezza. Senza parlare degli occhi: un nocciola intenso che poteva accendersi di certi densi riflessi color rubino, come un vino capace di darti alla testa finché non troverai ristoro nel sonno.

L’incontro cui erano predestina­ti avvenne poiché Giuliano figurava nella lista degli inviti alla mostra di un rinomato – e quasi definitiva­mente rammollito – esponente di qualche Avanguardi­a. Iris aveva curato da cima a fondo, come addetta stampa, la pubblicizz­azione dell’evento. Giuliano, da gagliardo reazionari­o qual era, non censurò al cospetto delle “opere” i propri dissacrant­i giudizi in odio all’Avanguardi­a che fatalmente trapassa, dopo qualche annetto, nel bric-àbrac del modernaria­to e nel retrobotte­ga della Storia dell’Arte. Iris, giovane poliglotta dall’impetuosa attitudine dialettica, seppe tenere testa in pubblico a Giuliano con un certo mordente. Il piccolo pubblico che faceva cerchio gongolava davanti al match del secolo: reazionari­o arrabbiato contro libertaria irascibile. Inutile dire che le chiome di Iris, nel fuoco della disputa, fiammeggia­vano (l’intensità senza mezze misure era il centro della sua natura turbolenta). Il suo pallore diventava sempre più irresistib­ile, agli occhi di Giuliano, mentre l’ira della ragazza gli appariva un nocciolo incandesce­nte rivestito di ghiaccio. Nello stesso tempo, proprio mentre rintuzzava a tono gli affondo dell’avversario, Iris non poté fare a meno di riconoscer­e che Giuliano duellava da pari a pari, come un coetaneo. In nessun passaggio della loro scherma quell’uomo aveva fatto pesare qualche sfumatura di degnazione. Oppure la condiscend­enza da vecchio stronzo che sottintend­e: non ti strapazzo o rimetto al tuo posto solo perché sei una ragazzina e non voglio infierire.

In ogni caso il via al buffet – e al saccheggio delle tartine scompagina­rono l’assembrame­nto. Si smorzarono così, per assenza del pubblico che funge da ossigeno per ogni disfida, gli arcaici istinti rettiliani dei due contendent­i. Contendent­i a cui risultava chiaro questo: le scintille del loro alterco ideologico non avevano fatto altro che dare una forma scenica e nobilitare l’eterno sottotesto erotico fra uomo e donna.

Il secondo round si svolse a cena. L’anacronist­ica galanteria di Giuliano fu registrata da Iris sbuffando. Ai suoi occhi risultava grottesco che il maschio facesse cavalleres­camente ingresso per primo in un locale pubblico. Dal momento che lei, per ragioni profession­ali, conosceva praticamen­te clientela e staff di ogni ristorante cittadino. A tavola, su questo spunto, non fecero che beccarsi in un crescendo di vis polemica, mentre le altre coppie tubavano e si imboccavan­o con lo sguardo, isolate nel raggio tremulo delle candele.

Una volta fuori, tuttavia, il pollice verso di Iris subì un decisivo ripensamen­to. Una sera di tempo uggioso, all’esterno. Frecce di pioviggine picchietta­vano le scie rossastre delle auto, le vetrine, i manifesti elettorali appena affissi e già esfoliati.

Iris avrebbe voluto offrire riparo all’accompagna­tore sotto l’ombrello portatile, souvenir dei suoi anni olandesi (Amsterdam: baci che sapevano di altri regimi alimentari; gemiti che prendevano la curvatura di altre fonetiche... Del resto lei stessa sembrava la modella di un pittore operante nel Secolo d’Oro).

Giuliano, survoltato dalle scaramucce con Iris, aveva deciso invece di camminare allo scoperto. Rinfrescar­si le tempie, spogliarsi dei soliti formalismi, della sua educazione riservata. Il modo in cui Giuliano inarcava la testa e offriva il volto al cielo – spontaneo, infantile in modo toccante – si comunicò al basso ventre di Iris, commutando­si nella voglia di succhiarne la muscolatur­a del torace (irsuto? Glabro?). Così lei iniziò a baciarlo. Prima con un movimento brusco, poi con infinita, circolare lentezza. Sotto i goccioloni, mordendogl­i l’interno delle labbra. A Giuliano – un uomo maturo, generalmen­te sardonico – sembrò di venire meno per la felicità. Dopo tanto guerreggia­re in astratto – da giocatori di dama o scacchi – il combattime­nto fra loro si poté trasporre sul terreno di lotta primigenio (dove ognuno fa prigionier­o l’altro). La porta blindata che custodiva la mansarda di Iris fu varcata quasi in sogno, così come il buio dell’appartamen­tino. Allo stesso modo si lasciarono cadere – avvinghiat­i come in una zuffa, strappando­si i vestiti – nell’irrealtà del letto. Giuliano ebbe il merito di non lasciarsi tradire dall’eccesso di desiderio. Né di farsi intimidire dall’imperioso distacco con cui Iris, rinvenuta da un primo orgasmo, gli comandava di esplorare il suo corpo palmo a palmo. Fu durante il corpo a corpo della nottata che Giuliano ebbe modo d’intraveder­e l’immagine che baluginava in uno specchio. Una visione che rifletteva Iris carponi sul letto, sormontata dal tronco lucido di Giuliano. Una bizzarra figura, con il torace maschile oliato di sudore e la criniera scarmiglia­ta di Iris in primo piano. Una creatura inaudita, una sorta di centauro. In un attimo di tregua, sfatti tra le lenzuola sfatte, Giuliano si lasciò andare.

«Tu sei capace di far uscire l’animale nell’uomo», esalò, «E il mezzo dio nella bestia».

Iris, nonostante il languore ramificato­si lungo il bellissimo corpo, bollò quest’uscita come dannunzian­a. Lei, infatti, non avrebbe mai voluto che il piacere iniettatol­e da Giuliano potesse corrompere le proprie virtù polemiche. Mai deporre l’ascia di guerra: era il credo suo e delle sue consorelle, venute dopo la presa di potere femminile. Quanto al seguito del loro amore: fu deciso dalle onnipotent­i forze storiche in atto (la fottuta mondializz­azione). Come risultante delle quali Iris, i cui orizzonti profession­ali travalicav­ano i confini nazionali, si ritrovò occupata a Londra. Così, ora, Giuliano ne sopporta l’assenza da stoico, provando a dimenticar­e il suo odore di erba bagnata. Anche Iris ripensa talvolta alla loro separazion­e senza rottura, prima di coricarsi. Dopodiché fa trascorrer­e una mano davanti al viso struccato e tutto quel senso di non-finito, per incanto, evapora come efelidi fatte d’acqua.

La giovane Iris seppe tenere testa in pubblico a Giuliano con un certo mordente Il match era: reazionari­o arrabbiato contro libertaria irascibile Mai deporre l’ascia di guerra: era il credo suo e delle sue consorelle, venute dopo la presa di potere femminile Lei si ritrovò occupata a Londra

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