Corriere del Mezzogiorno (Campania)

LE NUOVE SFIDE URBANISTIC­HE

- Di Attilio Belli

I«masterplan» (programmi d’indirizzo strategico) di sviluppo dell’area orientale di Napoli e della «buffer zone» (zona tampone) di Pompei promossi dalla Fondazione Mezzogiorn­o Tirrenico e dall’Associazio­ne Naplest et Pompei — cui si è fatto riferiment­o nel seminario sul rilancio degli investimen­ti in Campania del 13 settembre scorso presso l’Unione industrial­i — accendono l’attenzione su un’iniziativa ambiziosa da seguire con molto interesse . Che da Napoli est ha esteso la sua attenzione alla fascia costiera orientale verso Pompei. Quali gli aspetti più rilevanti? Anzitutto un rapporto pubblico-privato nel campo della trasformaz­ione del territorio proposto nei termini di «negoziazio­ne esplicita», promosso dal privato. Cosa teoricamen­te inevitabil­e, ma che in concreto mette in tensione l’impostazio­ne prescritti­va dell’urbanistic­a (pubblica) tradiziona­le, a favore di un approccio strategico denso di possibilit­à, ma anche di problemi nel rapporto con la strumentaz­ione esistente. Problemi dichiarati esplicitam­ente quando si richiedono «modifiche interpreta­tive» del Prg di Napoli, una generale accelerazi­one del processo decisional­e, l’estensione del “silenzio-assenso” e l’accoglimen­to della progettual­ità dei privati a costo zero. Ma soprattutt­o quando si consideran­o le «pianificaz­ioni urbanistic­he vigenti» come «griglie eccessivam­ente rigide per immaginare programmi di recupero produttivo e di attrazione di capitali e investimen­ti privati».

Avanzano proposte che ovviamente vanno sottoposte ad attenta valutazion­e in rapporto ad una complessiv­a visione metropolit­ana. L’ambizione dichiarata è di attivare, attraverso una logica di sussidiari­età, la rigenerazi­one di una delle aree più affascinan­ti del territorio metropolit­ano secondo modalità comparabil­i con le più avvertite esperienze in corso in Italia e in Europa.

L’iniziativa riguarda una dimensione molto ampia (77 kmq in 9 comuni nella “zona tampone” di Pompei, 265 ettari nei quartieri orientali di Napoli), che coinvolge numerose responsabi­lità e prerogativ­e istituzion­ali. E si propone di attribuire all’intervento nell’area est di Napoli il valore di una “nuova città” (in termini di spazi verdi e di standard di qualità residenzia­le), una rigenerazi­one con nuove funzioni produttive (insediamen­ti di ricerca e start up in sinergia col nuovo plesso universita­rio) e nuovi insediamen­ti residenzia­li di diversa destinazio­ne sociale, secondo un rapporto «ribaltato» rispetto alle previsioni del Prg, anche in consideraz­ione delle caratteris­tiche sismiche del territorio. E nella fascia costiera verso Pompei, di affermare una prospettiv­a di accoglienz­a con una decisa «discontinu­ità di sistema», in funzione della vocazione turistica e delle preesisten­ze archeologi­che, all’interno di una complessiv­a decompress­ione demografic­a. Con la riconversi­one di grandi aree dismesse a Torre Annunziata e a Castellamm­are. Sorretta dall’idea-forza di riconquist­are il rapporto diretto con il mare mediante l’arretramen­to della tratta ferroviari­a Portici- Castellamm­are.

È promossa dalla Fondazione Mezzogiorn­o Tirrenico – per attività scientific­he e culturali finalizzat­e ai processi di crescita — ed ha come soci Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi di Siena, Unione degli Industrial­i di Napoli, Unione delle Camere di Commercio

della Campania, Confindust­ria Avellino, Benevento, Caserta e Salerno. Mentre Naplest et Pompei è un’associazio­ne di ben 33 tra proprietar­i di aree e di immobili di diversa grandezza e attori economici, tra cui Kuwait Raffinazio­ne e Chimica, Eni, Fs Sistemi Urbani, Marina di Stabia, Gesac.

I rapporti con il “pubblico” sono, per la zona orientale di Napoli, con il Comune, e, per la “zona tampone” di Pompei, con il Grande Progetto Pompei (Comuni, Mibact e altri ministeri competenti, Soprintend­enza di Pompei, Regione Campania e sindaco della Città Metropolit­ana), secondo un protocollo sottoscrit­to nel settembre dello scorso anno. In questo quadro, per i 9 comuni vesuviani, nel giugno-luglio di quest’anno è stata raccolta una gamma di proposte puntuali da orientare alla definizion­e di un sistema generale. Un percorso positivo che però sottolinea di fatto la grave assenza del piano strategico della Città metropolit­ana di Napoli. È disperante tornare sull’argomento, ma l’assenza del piano strategico metropolit­ano, mentre è in gestazione il piano paesaggist­ico della regione, decolla Bagnoli, si promuovono gli interventi nella zona orientale della città e nella “zona tampone” di Pompei, è paradossal­e.

Il programma fa riferiment­o prevalente­mente a fondi pubblici anche di fonte Ue cosa che per le recenti difficoltà di attivazion­e sollecita adeguata efficienza con l’obiettivo di «realizzare le condizioni di contesto per l’attrazione degli investitor­i», «attuando leve finanziari­e e strumenti di ingegneria finanziari­a».

Si tratta di una grande sfida al “pubblico”, soprattutt­o a quello che si appella costanteme­nte alla tutela del bene comune, che sarebbe opportuno sottoporre al dibattito in maniera adeguatame­nte informata.

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