Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Cembrero e Mahfud, «imbavagliati» al Pan
Nel tempo del l’ipertecnologica dove le notizie, vere o false, si rincorrono in tempo reale che direzione sta prendendo l’informazione? Quanto è davvero libera la stampa e quali strumenti, subdoli o manifesti, utilizza la censura? Sono le domande al centro della riflessione della terza edizione di «Imbavagliati», il Festival internazionale di giornalismo civile, ideato e diretto da Désirée Klain, (fino al 24 settembre, al Pan) che ieri ha visto protagonisti Ignacio Cembrero, ex giornalista di «El Pais», Fatima Mahfud, rappresentante del Fronte Polisario in Italia, Enzo d’Errico direttore del «Corriere del Mezzogiorno», Marco Cesario, esperto di Mediterraneo e Medio Oriente e il disegnatore Fabio Magniasciutti. La storia di Cembrero, uno dei maggiori specialisti della questione maghrebina e per trent’anni corrispondente di «El Paìs», è emblematica. Il giornalista è stato costretto a licenziarsi dopo che sul suo blog aveva pubblicato il primo video di Al Qaeda in Marocco. «Il governo marocchino mi ha denunciato per apologia del terrorismo — ha raccontato Cembrero — ma il peggio è stato quello che è successo all’interno del giornale. Dopo un mese, la direzione mi ha chiesto di lasciare il posto e di non scrivere più sul Marocco. Il giornale aveva paura dello scandalo. Venti anni fa non sarebbe successo». Perché il governo spagnolo ha ceduto al Marocco? «Perché la Spagna ha bisogno del Marocco per la cooperazione contro il terrorismo e la lotta contro l’immigrazione clandestina o irregolare, proprio come l’Italia ha bisogno della Libia». Non è quella l’unica forma di censura. «Il potere è scaltro e furbo- ha spiegato Enzo d’Errico — sa elaborare forme raffinate di controllo. C’è un fenomeno, forse più subdolo, che è la disinformazione, che condiziona gli equilibri politici». È il caso delle fake news, rilanciate attraverso reti create appositamente. «Non si è liberi quando si naviga in rete, perché sono gli algoritmi a dettare la nostra navigazione. Questo crea conformismo, mancanza di dialettica, a favore di una forma di controllo che il potere esercita sull’informazione nel mondo occidentale, che si ritiene immune da quello che accade nei paesi meno evoluti. Da noi è a rischio l’intelligenza e la capacità critica». Ma la crisi del giornalismo, come tutte le grandi crisi, offre anche singolari opportunità. Attraverso la rete «la possibilità di creare un dialogo, in tempo reale, con i lettori — ha sottolineato d’Errico — così che il giornalismo possa recuperare appieno la sua funzione pubblica e sociale».