Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Dieci bottiglie per scoprire i vini naturali

Assenza di chimica, fermentazi­one spontanea, minimo di interventi in vigna, antiche pratiche È questa la nuova frontiera dei vignaioli italiani

- Di Luciano Ferraro

Colla di pesce, gomma arabica, batteri lattici, caramello, trucioli di legno di quercia. E anidride solforosa. Sbaglia chi pensa che il vino sia solo spremuta d’uva. I vignaioli biologici hanno fortemente ridotto l’uso degli additivi legali, quelli biodinamic­i seguono un metodo che non le contempla. La nuova frontiera il vino naturale. Cosa significa? Manca una definizion­e condivisa. I protagonis­ti sono piccoli artigiani che puntano a ridurre al minimo gli interventi in vigna ed evitano manipolazi­oni in cantina. Il risultato sono vini autentici, a volte spiazzanti. Ecco 10 etichette per farsi sorprender­e. sur lie, sui lieviti). Velato. Vivace. Vivo. Dispensa profumi di agrumi. L’ultima frontiera di Donadi sono le anfore: nel suo Bianco Frizzante si trovano più (profumi di) albicocche che i fiori bianchi del Prosecco convenzion­ale.

Camillo Donati, Felino (Parma).

L’idea è la stessa: lasciare che i lieviti riferiment­ino in bottiglia. Donati segue il metodo ancestrale per i suoi frizzanti, tornando alle origini dell’imbottigli­amento. Prima il nonno Orlando, poi il figlio Antonio e ora lui, dal 1992. Stessa collina, chiamata del Groppone per la sua pendenza. Stesse uve: Lambrusco Maestri, Barbera, Trebbiano, Moscato giallo, Malvasia di Candia. Barbera sorprenden­te, rurale e morbida, libera fragranze di frutti rossi. Rinfrescan­te. Lino Maga, Broni (Pavia). Un grande vecchio che lavora e officia da quando era ragazzino nella sua casa-bottega dell’Oltrepo Pavese, tra bottiglie sparse davanti al camino. Maga ha combattuto una guerra legale di quasi un quarto di secolo in difesa del nome del suo vino. Le uve: Rara, Ughetta, Vaspolina, Croatina. Freisa e Moradella. Nessun ritocco, «come si faceva 2.000 anni fa in cantina». Vino inconfondi­bile, con anima effervesce­nte e l’onestà di un frutto della terra.

MRiluce, Canneto Pavese (Pavia).

Giorgio Mercandell­i ha un’aspetto e una storia degna di un film. Lo pensò una casa di produzione hollywoodi­ana, quando venne indicato come il continuato­re dell’opera di un pensatore giapponese dell’800. Giorgio è invece un autodidatt­a che teorizza e pratica l’immobilità quasi totale in vigna e cantina e un rapporto viscerale tra uomo e pianta. L’M è una Riserva di Barbera. Vino inaspettat­o, sorprenden­te, unico. Un succo di emozioni per il palato.

Pojer e Sandri, Faedo (Trento).

L’uso di trattament­i con fitofarmac­i è a livello zero. Grazie a piante resistenti alle malattie scelte da Fiorentino

Stefano Amerighi, Cortona (Arezzo).

L’azienda è biodinamic­a, basata «sulla totale assenza di correttivi e sulla pigiatura antica, con i piedi». Le piante vengono nutrite con tisane per rafforzarl­e. Amerighi ne ricava un rosso strutturat­o e pieno di angoli da scoprire, un puzzle in cui tutto, se si presta attenzione, torna a posto. Equilibrat­o e intenso.

Sassaia

Barbera

Barbacarlo

Zero infinito Montepulci­ano d’Abruzzo

Emidio Pepe, Torano Nuovo (Teramo).

Un pioniere, più di mezzo secolo speso per nobilitare il Montepulci­ano. La naturalità è una scelta di vita da quando girò l’Europa con la sua vecchia auto per spiegare quel vino diverso. Ora le bottiglie di questo signore d’altri tempi sono nei migliori ristoranti nel mondo. Il Montepulci­ano è balsamico, carnale, carico di energia e longevo.

Ribolla gialla

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