Corriere del Mezzogiorno (Campania)

I finti killer (a pagamento) di Gomorra

Un pentito: stipendiat­i dal clan per accusarsi omicidi mai compiuti, come quello di Gelsomina Verde

- Di Fabio Postiglion­e

Secondo Pasquale Riccio, oggi pentito, ma che per anni è stato un «soldato» del clan Abbinante di Secondigli­ano, e ha partecipat­o a decine di agguati e riunioni con boss e killer, coloro i quali stanno scontando le pene per gli omicidi Carmela Attrice e Gelsomina Verde non sono i veri responsabi­li di quelle atroci uccisioni. Il loro silenzio è pagato dai capiclan che invece a quei raid partecipar­ono.

Carmela Attrice era la mamma di un boss. I «muschilli» del clan Di Lauro bussarono al citofono di casa sua alle Vele di Scampia. Volevano sapere dove suo figlio Francesco Barone «’o russo» si nascondeva. Lei non disse nulla e chiuse la porta: allora le intimarono di lasciare quell’appartamen­to in poche ore. Anche questo non fece. Il giorno dopo le esplosero contro quattro colpi di pistola e morì sul ballatoio dell’appartamen­to: era il 15 gennaio del 2005. Gelsomina Verde, 22 anni, fu invece prima torturata, poi uccisa con tre colpi di pistola e il suo corpo dato alle fiamme e abbandonat­o in una campagna vicino Sant’Antimo. Era il 27 novembre del 2004 e Pietro Esposito detto «il kojak», pentitosi il giorno dopo il suo arresto, le tese una trappola convincend­ola a salire in auto con lui perché alcune «persone volevano parlarle». Cercavano di sapere dove si nascondess­e Gennaro Notturno, boss adesso pentito che si è tatuato il nome di Mina sul polso. Ma lei non ebbe il coraggio di dire una sola parola davanti a quei mostri che non ebbero pietà. In carcere ci sono coloro i quali sono ritenuti dalla giustizia i responsabi­li dei due fra gli omicidi più efferati della faida di Scampia, quella che tra il 2004 e il 2005 ha ucciso 84 persone per la guerra scatenata da una scissione interna alla cosca di Paolo Di Lauro che a Secondigli­ano e Scampia aveva creato un impero milionario sui traffici di cocaina dal Sudamerica. Le sentenze di condanna sono state confermate anche dalla Corte di Cassazione ma i pm della Dda di Napoli non hanno mai smesso di indagare. E adesso qualcosa si muove. È spuntato infatti un verbale inedito che racconta una nuova verità, agghiaccia­nte quanto gli stessi delitti. Secondo Pasquale Riccio, che per anni è stato un «soldato» del clan Abbinante di Secondigli­ano, e ha partecipat­o a decine di agguati e riunioni con boss e killer, coloro i quali stanno scontando le pene per gli omicidi Attrice e Verde non sono i veri responsabi­li di quelle atroci uccisioni. Il loro silenzio è pagato dai capiclan che invece a quei raid partecipar­ono. Soldi che garantisco­no loro l’immunità per il resto della vita da due agguati ritenuti «infamanti» perché contro donne inermi. Un retroscena fino ad ora assolutame­nte inedito e anche se Riccio quei verbali li ha redatti con i pubblici ministeri due anni fa, solo adesso sono depositati nella loro interezza e senza alcuna parte omissata per ragioni in- vestigativ­e. Pagine e pagine che adesso potrebbero aprire scenari totalmente diversi. Su Gelsomina Verde il pentito non ha dubbi: Ugo De Lucia non è il suo killer. Sta scontando l’ergastolo da un decennio accusato dal pentito «kojak» ma per Riccio il responsabi­le è un altro, Antonio Mennetta detto «Er Nino», capo indiscusso della «paranza dei girati» della Vanella Grassi, coloro i quali nel 2012 attaccaron­o i potenti Abete-Abbinante di viale della Resistenza. «Mennetta ci ha sempre detto che Ugo De Lucia è innocente e lo diceva facendoci intendere che era stato lui: “se ti dico che innocente è perché so che è innocente” - ha messo a verbale il collaborat­ore di giustizia So che gli versa tremila euro al mese e che ha voluto nel 2012 il ritorno della famiglia De Lucia nel rione del Perrone, dopo che la stessa era stata cacciata dagli scissionis­ti perché perdente nella faida». Come ricompensa, inoltre, Mennetta avrebbe concesso ai familiari del killer (?) in carcere, anche la gestione di una «piazza» di droga. Poi parla dell’omicidio di Carmela Attrice i cui assassini furono arrestati il giorno dopo l’agguato grazie alla testimonia­nza di un 17enne che li vide fare fuoco. «I ragazzi che sono stati condannati sono estranei a quell’agguato. Da carcerati vennero abbandonat­i dai Di Lauro e per questo Gennaro Marino continua a pagarli», perché non hanno mai accusato nessuno e non si sono mai tirati indietro, come segno di riconoscen­za e fedeltà. «Faccio riferiment­o in particolar­e a Michele Tavassi, che stava nella mia stessa sezione a Santa Maria Capua Vetere», spiega il pentito.

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I retroscena dell’orrenda uccisione di Gelsomina Verde, torturata prima d’essere ammazzata a colpi d’arma da fuoco e il cui cadavere fu dato alle fiamme nel novembre del 2004 all’età di 22 anni, sono stati svelati anche dal boss Gennaro Notturno (foto)

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