Corriere del Mezzogiorno (Campania)

I CINCINNATO DELLA NOSTRA POLITICA

- di Nicola Quatrano

C’è qualcosa di delicato nella lieve doppiezza con cui certi politici e affini si propongono alle cariche pubbliche, facendo finta che la cosa quasi non li riguardi. Non parlano di programmi, di intese politiche, di mediazioni… si offrono solamente, come tanti Cincinnato, disposti ad «accettare» se qualcuno li chiama, «nell’esclusivo interesse del paese e della collettivi­tà». Ed è solo per questa disinvolta leggerezza che non li si può propriamen­te paragonare ai dolenti ipocriti del XXIII canto dell’Inferno, col loro camminare stanco, avvolti in cappe dorate foderate di piombo. Che male ci sarebbe, per dire, se Raffaele Cantone ammettesse di voler fare il sindaco di Napoli nel 2021? Sappiamo che i tempi gli sono comodi, e il calcolo non può essergli sfuggito: cesserà infatti dalle funzioni di presidente dell’Anac esattament­e l’anno prima, e potrebbe restare in carica fino al 2031 (a due anni dalla pensione). Eppure, intervista­to dal responsabi­le di Repubblica-Napoli Ottavio Ragone, ha detto e non detto: «Se domani fosse il 28 aprile 2020 le direi quello che voglio fare, tornare a fare il magistrato anche se ogni tanto ho pensato di fare il sindaco, anche perché sarebbe un’esperienza eccezional­e e affascinan­te: Napoli è piena di contraddiz­ioni ma anche di cose belle». Il presidente del Pd, Matteo Orfini, ha subito invitato a «non tirare per la giacca Cantone», che in sostanza è una dichiarazi­one di interesse. Alla fine, però, non credo se ne farà qualcosa: il presidente dell’Anticorruz­ione non è avvezzo a competere, è abituato alle investitur­e.

Il Pd sarebbe felice di «chiedergli» di candidarsi, ma è tutt’altro che in grado di assicurarg­li l’elezione a Napoli.

E che dire del presidente Pietro Grasso? Interpella­to sulla possibilit­à di diventare il leader della sinistra, ha assicurato: «Non so cosa farò», ma poi ammiccante: «Sono sempre stato un ragazzo di sinistra». A chi (non si sa se amico o nemico) ne ha apprezzato la prudenza istituzion­ale, verrebbe da ricordare che poteva anche evitarsela questa prudenza, a soli cinque mesi dallo scioglimen­to del Senato. Più diretto il ragionamen­to di Roberto Fico. Alla

Stampa ha dichiarato: «Certo che farei il sindaco di Napoli. Fare il sindaco della propria città è il lavoro più bello del mondo. Ci ho anche provato nel 2011 e ho perso. A Napoli si rivota nel 2021, di tempo ce n’è». Ma pure qui la lingua, probabilme­nte, è biforcuta, perché questa manifestaz­ione d’intenti pare si sia giocata nella diversa (e più importante) contesa per la candidatur­a a presidente del Consiglio, in competizio­ne con Luigi Di Maio.

La palma in questo gioco spetta però, indiscutib­ilmente, a Maria Grazia Pagano che, di essere la più accreditat­a candidata alla segreteria provincial­e del Pd, lo avrebbe addirittur­a «letto su Facebook».

Non è solo quando si tratta di candidarsi, però, che i nostri politici sembra si trovino lì per caso. Pure quando sono già decisori, preferisco­no piuttosto «chiedere», «uniformars­i». Così, il sindaco de Magistris ha «chiesto» (senza riuscirvi) all’Anm di prolungare gli orari dei mezzi pubblici. E quando la polizia del politicame­nte corretto (l’equivalent­e napoletano della polizia del buon costume islamico dell’Arabia Saudita) ha negato l’accesso a Napoli al pullman delle associazio­ni «no gender», ha precisato: «Non è il sindaco a negare o dare l’autorizzaz­ione. Il sindaco ha solo condiviso il ragionamen­to politico della delegata alle pari opportunit­à e degli uffici amministra­tivi». Lo stesso era più o meno avvenuto in occasione della «mezza giornata di Napoli» contro Salvini, e anche quando alcuni disoccupat­i hanno fatto gazzarra contro De Luca alla Festa di Mdp. Nell’occasione, de Magistris ha osservato che la «contestazi­one è stata dura, molto accesa, anche piena di contenuti, ma non violenta», e infatti hanno solo impedito a De Luca di parlare senza picchiarlo. Viene in mente il tweet di Trump sui suprematis­ti bianchi e le violenze in cui rimase uccisa una ragazza a Charlottes­ville: «Tra quella gente c’erano tante brave persone».

Sarebbe troppo chiedere che i nostri amministra­tori si assumano le proprie responsabi­lità, senza atteggiars­i a semplici spettatori? E che il dibattito politico si svolga in modo un po’ più chiaro, intellegib­ile per tutti e non solo per i pochi iniziati capaci di coglierne i reconditi segnali? Le schermagli­e di questi giorni non sono nemmeno il politiches­e delle «convergenz­e parallele». Quella, almeno, era una formula astrusa che delineava però un programma politico del tutto chiaro, queste assomiglia­no di più alle strategie seduttive di una Mirandolin­a.

Quanto alle comunali napoletane, mancano quattro anni: c’è tutto il tempo perché si approntino programmi e schieramen­ti sui quali misurarsi dinanzi al corpo elettorale. Di questo bisognereb­be soprattutt­o preoccupar­si: cosa si intende fare per affrontare i problemi della città. Che poi il sindaco sia Cantone, Fico o Pico Pallo, dovrebbe essere l’ultimo dei problemi.

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