Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Ponticelli Studios
culturali, laboratori, arene estive si lasciano molti segni nelle persone. Alcuni operatori oggi sono ex allievi dei nostri laboratori di quindici o venti anni fa. È un segno, no? Ma per i tanti bambini che abbiamo coinvolto, ci sono tanti giovani che il territorio lo hanno abbandonato, perché rispetto a queste vocazioni, a queste azioni, non si è mai realmente offerta una sponda nelle politiche pubbliche, per moltiplicarle e creare strutture solide, come succede altrove».
Quasi un trentennio di Arci Movie a Ponticelli, dunque. Cosa immagina per i prossimi lustri?
«Portiamo avanti un progetto con coerenza, fatica e anche una certa dose di utopia. Dalle serate con Ken Loach per salvare il Pierrot è trascorsa un’intera generazione, e forse la storia di FilmaP non è soltanto un altro tassello importante, ma anche un epilogo coerente con questo lunghissimo percorso. L’idea di fondo è sempre la stessa: che la periferia diventi centro di qualcosa. Da questo punto di vista continuiamo a fare cose importanti, come dimostra il focus su Filmap in programma al Festival dei Popoli, insieme alla Holden e alla Visconti. Per ritornare alla domanda precedente, guardando alla desolante realtà sociale e urbana che ci circonda oggi, forse dobbiamo fare un po’ di autocritica. Perché il proposito che ci ha appassionati quasi trent’anni fa, e che ancora resiste, ovvero contribuire a trasformare in meglio il nostro territorio, anche la nostra vita materiale, attraverso la promozione della cultura, non si è compiuto. O almeno non ancora».