Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il racconto della vittima «Capii di non avere scampo E dissi: vi prego, fate presto»

«Non avevo più la forza di urlare». Rotto il muro di omertà

- di Fabio Postiglion­e

NAPOLI «Credevano fosse un gioco, ma per me non era così. Io non volevo che mi toccassero, che mi spogliasse­ro e poi quando mi sono voltata e accorta che il ragazzo che amavo era andato via, ho capito che per me non c’era più speranza. Bloccata dal terrore li ho guardati e ho detto: adesso fate presto e lasciatemi andare via».

È una storia che mette i brividi e che come una fotografia del terrore racconta senza alcun filtro lo stupro che una ragazza di 15 anni ha subito in silenzio una domenica di maggio nella «casetta degli spiriti» a Marechiaro. Un rudere abbandonat­o che si poggia su uno scoglio davanti al golfo di Napoli, in estate affollato da centinaia di ragazzi. Lei, capelli bruni, occhi scuri, volto da bambina, era lì con gli amici e con un ragazzino con il quale usciva da poche settimane ma che già sentiva di amare. Era lui che conosceva i tre del branco che ieri sono stati arrene, dai carabinier­i della compagnia di Bagnoli con l’accusa di stupro di gruppo. Forse era una trappola, forse a lui non interessav­a poi tanto di lei, ma sta di fatto che il risultato è la violenza che difficilme­nte la giovane vittima potrà dimenticar­e. Prima da due 16enni che hanno provato a denudarla toccandola ovunque e poi da un 17enne che ha abusato di lei come se fosse un oggetto, abbandonan­dola lì, a pochi passi dal mare, senza più il costume. «Ero impietrita, non avevo la forza di urlare per chiedere aiuto». Il giorno dopo la violenza ha deciso di stanarli ed è partita la sua caccia, foto per foto su Facebook fino a quando non li ha trovati. Un mese dopo lo ha ribadito davanti ad un giudice, a fine luglio, senza ombra di dubbio e con il coraggio che può avere una ragazzina, poco più che bambina, costretta a diventare donna da un giorno all’altro: «Sono stati loro». E infine l’omertà, quella che brucia e consuma dentro. La giovane vittima ha dovuto subire anche i «non so», «non ricordo», «io non c’ero», di altri ragazzi e ragazze che lei stessa aveva indicato ai carabinier­i come presenti alla violenza e ancor prima agli approcci che tentavano di avere. Quattro mesi di indagini dove i tre del branco non hanno avuto un momento di remissio- almeno sui social, ed erano acclamati come fossero divi. Uno di loro, che svolge lavori saltuari e con amicizie pericolose con i figli di due capiclan di camorra della zona dell’Arenaccia, ostentava sicurezza con frasi ad effetto: «Mai mancare di rispetto alla tua donna», scriveva a un mese esatto dalla violenza sessuale. Quando poi hanno saputo il 19 luglio di essere instati dagati ci sono andati giù pesante: «Vi lamentate del caldo, dei 35 gradi, però quando state a 90 non dite nulla», e ancora: «Nel momento in cui pensate di mettermelo a quel servizio siete girate all’indietro». Si raccontava­no così i tre ragazzi, con vestiti firmati, sguardi da uomini ma con volti e fisici da bambini. Ora sono in comunità, difesi dall’avvocato Matteo De Luca, dello studio di Massimo Krogh e si difendono con fermezza. La mamma di uno dei tre sulla sua pagina Facebook ha postato la foto del figlio a dorso nudo mentre era al mare e ha scritto: «Non mollare mai e sempre a testa alta». Ieri notte quando i carabinier­i hanno bussato alla porta di casa per arrestarlo ha pianto a dirotto e poi ha scritto ancora sui social: «Sono delusa». Ieri notte quella sicurezza ostentata sulle pagine dei loro profili virtuali si è sgretolata davanti all’ordinanza firmata dal giudice. Dalle loro abitazioni di Forcella, Capodichin­o e Borgo Sant’Antonio direttamen­te al centro di prima accoglienz­a dei Colli Aminei. Tremavano per la paura di finire in carcere, piangevano, si stringevan­o tra loro. «Sono un ragazzo di strada, fedele nell’amore, bravo a letto e sincero nelle amicizie», scriveva due giorni un altro degli arrestati. Per la ragazza, l’inferno non è ancora finito: «Ho avuto paura, ho paura», ha detto al giudice che l’ha interrogat­a.

L’aggressore Sono cresciuto in strada, fedele nell’amore, bravo a letto e sincero nelle amicizie

 ??  ?? Facebook La foto di uno dei tre aggressori postata sui social
Facebook La foto di uno dei tre aggressori postata sui social

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy