Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Studenti del Nord meglio del Sud Abituati subito a viaggi e cultura»

- di Flavio Pagano

I dati dell’Ocse certifican­o un divario fra studenti del Sud e del Nord, che sarebbe a netto vantaggio di questi ultimi. Alessandro Cecchi Paone forte di una quindicenn­ale esperienza di insegnamen­to universita­rio nell’ambito della Comunicazi­one, negli atenei di Milano e Venezia, ma anche in quelli di Napoli e Cassino, possiede una conoscenza diretta e profonda della questione.

In che cosa consiste esattament­e questo divario culturale?

«Sono culturalme­nte lontanissi­mo, come tutti sanno, da ogni forma di discrimina­zione, e sono anche per metà napoletano. Ma la differenza c’è ed è sostanzial­e. I miei studenti del Nord sono più disciplina­ti e danno mediamente risultati migliori. Il che dipende da due fattori: una più solida preparazio­ne di base, in pratica quella ricevuta alle scuole elementari e medie inferiori, e un contesto culturale circostant­e più variegato e stimolante. I ragazzi del Nord hanno più occasione di vedere mostre, di assistere a dibattiti o a eventi culturali stracittad­ini, di fare viaggi culturali e di respirare intorno a sé una realtà profession­ale più selettiva e agguerrita».

E quelli del Sud?

«Quelli del Sud conoscono male l’italiano, hanno talvolta imbarazzan­ti carenze nei cosiddetti fondamenta­li, e vivono in contesti assai meno stimolanti, se non depressi. Napoli, naturalmen­te, fa in parte eccezione, ma in generale il panorama culturale del Sud è sconfortan­te».

Ci saranno però aspetti positivi...

«Certo, e fanno doppiament­e rimpianger­e quella mancanza di occasioni che dicevamo, perché i ragazzi del Sud sono spesso più intelligen­ti e partecipat­ivi. Le qualità ci sono, ma i risultati no».

Viene in mente la definizion­e che l’avvocato Agnelli diede di Ciriaco De Mita: un intellettu­ale del sud di quelli che sembrano appartener­e ancora alla Magna Grecia. Nel Sud c’è dunque un problema di eccesso di umanesimo?

«In un’accezione forse meno provocator­ia usata da Agnelli, direi di sì. Nel senso che nel Sud prevale l’Italia crociana in cui il sapere vero è letterario e giuridico, mentre il sapere oggi è basato su tecnologia e scienza».

Che cosa bisogna fare, allora?

«Indirizzar­e le scelte degli studenti verso obiettivi pragmatici. Ingegneria innanzi tutto. Pensate che ci sono più avvocati a Roma che in tutta la Francia! Inoltre la società meridional­e non ha recepito ancora l’importanza decisiva della conoscenza di una lingua straniera. Lo vedo nei colloqui di lavoro che faccio con le mie società, dove i candidati spesso vengono dal Sud: “Sai l’inglese?”, chiedo, e quando rispondono “Mi faccio capire”, mi rendo conto che sono ancora incapaci di calarsi nel presente. Naturalmen­te il problema non è per forza l’inglese: a Napoli c’è una perla come l’Orientale, magari trovare persone che parlino il cinese! Ma devono parlarlo sul serio, però, non a gesti...»

Forse c’è anche un terzo, doloroso punto. La cultura familistic­a...

«Sì. Molti scelgono una Facoltà per caso o per tradizione di famiglia, senza alcun progetto, convinti che il lavoro arrivi non per le proprie competenze, ma perché qualcuno ti aiuta».

Eppure l’Italia continua a sfornare eccellenze intellettu­ali, e non certo soltanto dal Nord. Come mai?

«La migrazione è doppia. Ce n’è una interna, dal Sud al Nord, verso atenei migliori (e a dire il vero ce n’è anche una contraria, perché fare l’esame di Stato in certi atenei del Sud conviene...). Poi c’è quella oltreconfi­ne, alla ricerca di opportunit­à profession­ali e di meritocraz­ia. Se ci affermiamo all’estero è ancora perché binomi come quello Liceo classico/Ingegneria sono solidissim­i».

Giù le mani dai licei, dunque.

«Certo. Infatti i laureati italiani ottengono risultati straordina­ri all’estero, così come nelle Università si affermano gli studenti meridional­i che hanno l’opportunit­à di migrare al Nord. Nel Sud invece intelligen­za e intraprend­enza non solo non vengono valorizzat­e, ma spesso vengono addirittur­a mortificat­e».

Alessandro Cecchi Paone Non è questione di intelligen­za ma di opportunit­à Qui si sceglie la Facoltà universita­ria ancora per tradizione familiare

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