Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Salviamo il museo Filangieri (e Napoli dal dissesto)
Il principe Gaetano Filangieri di Satriano fondò nel 1888 il Museo civico intitolato al suo nome nel quattrocentesco palazzo Como, messo a disposizione dal Comune di Napoli, donando alla città le sue straordinarie raccolte d’arte antica: un Museo «della città per la città». L’iniziativa seguiva quella del 1878, in cui Filangieri era stato affiancato da uomini di cultura e artisti quali Demetrio Salazar, Diego Tesorone e Domenico Morelli, di costituire a Napoli un «Museo Artistico Industriale», che fondesse l’aspetto espositivo del Museo con quello didattico-formativo e produttivo delle Scuole-Officine. Era l’idea, acquisita dal principe dopo aver viaggiato per 25 anni in tutta Europa, di dare impulso a una nuova svolta della gloriosa tradizione napoletana dell’artigianato artistico, che Filangieri appropriatamente definiva «industria artistica». Tale moderno Museo venne istituito nel 1880 con decreto di Francesco De Sanctis – l’Italia postunitaria sceglieva dei grandi quali ministri dell’Istruzione – e presto raggiunse notorietà internazionale e risultati artistici di tanta perfezione da vincere nel 1889 il concorso, indetto da Papa Leone XIII, per il rifacimento dei pavimenti maiolicati delle Sale Borgia in Vaticano. Un altro esempio dell’alta qualificazione delle Scuole-Officine in quel tempo è costituito dal prestigioso rivestimento maiolicato della facciata del Museo – oggi Istituto d’Arte Palizzi – giunto a noi in parte rimaneggiato per i danni bellici. Ma che alla base della istituzione dei due organismi museali vi fosse un progetto unitario e un nesso funzionale è attestato dallo stesso pavimento maiolicato del Museo Filangieri, realizzato dalle Scuole-Officine sotto la direzione di Filippo Palizzi, e decorato con stemmi e monogrammi del casato Filangieri.
Il Museo civico di cui ci occupiamo è un esempio avanzato della cultura eclettica della fine dell’Ottocento con impiego di materiali come il legno e il ferro battuto in un apparato di impronta rinascimentale, impreziosito da volte decorate con brillanti mosaici di gusto esotico. Raccoglie armi medievali, quadri antichi, maioliche e porcellane, avori, legni intagliati, vetri antichi, miniature, tappeti, medaglie e monete, ornamenti di madreperla, tartaruga e coralli, nonché una biblioteca. La grande sala del piano superiore ha una copertura a vetri per consentire l’illuminazione dall’alto, e ha l’aspetto della antica galleria delle dimore aristocratiche in cui sulle pareti si sovrappongono dipinti e oggetti d’arte. Ho posto l’accento sul precedente Museo Artistico Industriale perché il rilancio del Museo Filangieri potrebbe avvenire ripristinando la sinergia con l’Istituto d’Arte di piazzetta Salazar, ma è disperante costatare che non esiste più la Scuola-Officina. Anzi l’immenso patrimonio artistico di arti decorative del Museo del Palizzi è da anni chiuso al pubblico. L’attuale preside persegue il progetto di snaturare l’Istituto convertendolo in una scuola di musica.
Nel contempo oggi parte l’ennesimo grido di allarme: Salviamo il Museo Filangieri dalla chiusura! Il direttore Gianpaolo Leonetti e sua sorella Piera, che da anni prodigano i loro sforzi per l’esistenza del Filangieri, hanno promosso una petizione al sindaco: chiedono i fondi per pagare gli stipendi – arretrati di anni - ai custodi comunali del Museo. Italia Nostra si associa all’ urgente appello, ma dopo tale adempimento reputa necessario suggerire al sindaco de Magistris di valutare l’opportunità, nell’interesse della città, di fare un passo avanti presentandosi alle prossime elezioni politiche a capo di Dema e lasciando il Comune di Napoli. La presenza di un Commissario potrebbe agevolare l’intervento finanziario del governo per evitare il dissesto del Comune.