Corriere del Mezzogiorno (Campania)
A FERROPOLI NEMMENO LA MUSICA TI PUÒ SALVARE
La lingua che Nando Vitali usa in Ferropoli (edizioni Castelvecchi) è ad alto tasso poetico, adatta più a evocare che a narrare in senso stretto. E infatti la vicenda del suo nuovo romanzo, ambientato a Bagnoli, procede per atmosfere, per suggestioni, soprattutto all’inizio. Due ragazzi di talento e due belle ragazze nel quartiere occidentale di Napoli, a metà degli anni Settanta. Passione e amicizia, musica e parlesìa. A un certo punto però la trama prende il sopravvento e anche il registro linguistico si adatta alle necessità del racconto, che ha una sua forte drammaticità. Tuttavia non c’è alcuna discontinuità tra le due parti, solo un nodo tragico che dà un sobbalzo alla storia, ovvero una sparizione che verrà spiegata solo alla fine del libro. Vitali ha una sua cifra senza dubbio originale, fuori dalle mode e dalle tendenze. Il suo interesse si concentra sulla universale condizione umana con le sue continue cadute e rinascite, ma anche con i tentativi ripetuti di intrecciare il proprio percorso esistenziale a quello degli altri. Angela e Luciano passano la loro vita a farsi del male e a rincorrersi, non riescono a lasciarsi e la loro storia è in pratica la storia di «due infelicità». Lo scrittore si spinge anche oltre, nell’esplorazione dei più reconditi anfratti dell’animo umano. Per esempio indaga nel sentimento materno e nelle ambiguità che si celano dietro la diffusa idealizzazione. Il rapporto tra Angela e sua figlia Evelina, una bambina difficile, a volte distante, forse addirittura «cattiva», non è per nulla pacifico. Tanto che la madre arriva suo malgrado a formulare strani pensieri, anche se solo per un attimo. Poi prevale l’amore, ma a Ferropoli anche l’amore sembra qualcosa di malsano, di avvelenato dai fumi dell’acciaieria. E non bastano nemmeno le canzoni a salvare chi non è capace di tenersi ancorato al quartiere, alla famiglia, in definitiva alla vita.