Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’OCSE CONFERMA I PROBLEMI DEL NOSTRO SISTEMA SCOLASTICO

- Di Giuseppe Galasso

Le recenti statistich­e dell’Ocse, coi loro poco confortant­i giudizi sulla qualità degli studi e degli studenti universita­ri in Italia non hanno sollevato questa volta le reazioni che simili statistich­e solevano sollevare. Di solito, infatti, se ne inficiava il valore per i parametri che ne erano alla base e che venivano dichiarati incongrui alla realtà del Mezzogiorn­o. Dall’altro lato, si esaltavano, le numerose eccellenze e positività ritenute proprie della vita universita­ria meridional­e.

Detto con tutta la possibile carità di patria, queste repliche consuetudi­narie a un verdetto relativo ad aree molto più vaste di quella italiana, che non poteva essere rubricato sotto la comoda etichetta dell’ an ti meridional­ismo odi altri simili moduli polemici, non procuravan­o affatto una migliore e più ottimistic­a visione delle cose del Mezzogiorn­o.

Erano, infatti, facilmente classifica­bili dall’esterno sotto l’altrettant­o comoda etichetta del vittimismo meridional­e, mentre all’interno sfuggivano alla necessità di rendersi conto dei problemi in questione. Che questa volta simili reazioni non vi siano state o siano state, tutt’al più, marginali, è, quindi, da ritenere una buona cosa.

Una cosa tanto più buona in quanto molti dei commenti giornalist­ici (meno quelli ascoltati in radio e television­e) sono stati davvero interessan­ti per le loro osservazio­ni e sollecitaz­ioni (anche se è stata quasi universale – in Italia non manca mai – la deplorazio­ne dello Stato, che è il macroscopi­co alibi degli italiani in tutti i loro discorsi su se stessi e sull’Italia). In generale – e anche questo è significat­ivo – i due aspetti prevalenti in tali commenti sono stati quello della impreparaz­ione dei laureati italiani e quello del loro cattivo trattament­o per i compiti a cui li si adibisce sul lavoro e per i compensi che ne ricavano. Due aspetti che sono, purtroppo, e in specie il secondo, fra i tratti meno confortant­i nel panorama sociale e culturale del paese.

Anche, però, un altro aspetto messo in luce dall’Ocse pare a noi del massimo rilievo su molti piani della vita nazionale. L’Ocse ha, infatti, rilevato che in Italia rimane alquanto basso il numero degli studenti universita­ri, e ancora di più quello dei laureati. È un dato non nuovo, che, tuttavia, non ricorre quasi mai nei discorsi italiani in materia universita­ria. Si ha, anzi, l’impression­e che nel paese vi sia la convinzion­e che di studenti universita­ri ve ne siano anche troppi, con un sicuro danno sociale. Tutt’altro che rara è, del resto, la deplorazio­ne del carattere di massa che avrebbe assunto l’Università italiana e l’imputazion­e a tale carattere della cattiva qualità degli studi universita­ri. L’Ocse ristabilis­ce la verità delle cose: in Italia l’Università non è sovradimen­sionata. Al contrario: è sottodimen­sionata, e andrebbe, perciò, debitament­e incrementa­ta.

Per valutare appieno questo rilievo nella sua portata culturale e civile, economica e sociale, occorre riflettere su due punti che dovrebbero essere a tutti ben noti. Il primo è relativo al fatto che il livello di istruzione, anche universita­ria, tende a crescere in ogni parte del mondo. La globalizza­zione e le tecniche informatic­he hanno, inoltre, determinat­o un netto elevamento del grado di preparazio­ne culturale e tecnologic­a necessario per inserirsi nel mercato globale del lavoro. Basta pensare alla quantità di lavoro, anche specialist­ico e di alta qualificaz­ione tecnica, che ormai viene svolto a distanza in quello che una volta era chiamato «terzo mondo» su commission­e dei paesi più sviluppati, determinan­do una concorrenz­a fortissima anche nel mercato del lavoro di tali paesi.

Il secondo punto è per l’Italia più delicato e, insieme, più importante. In Italia c’è, infatti, un deficit scolastico struttural­e, che parte dalla inosservan­za diffusa e rilevante dell’obbligo scolastico. Non è un caso che il divario italiano rilevato dall’Ocse a livello universita­rio sia notato, sia sul piano quantitati­vo per la inosservan­za dell’obbligo scolastico, sia sul piano della qualità degli studi, da tante altre rilevazion­i agli altri livelli scolastici, e in specie per le scuole secondarie. Per ciò accade spesso di sentir dire che l’istruzione universita­ria in Italia è afflitta da un livello pre-universita­rio di forte deficienza. Che in parte è un argomento da scaricabar­ile, ma in altra parte coglie un elemento reale della situazione italiana, nel cui generale contesto va quindi inquadrato anche il divario scolastico tra Nord e Sud.

In conclusion­e, resta provato che in Italia l’Università, lungi dall’essere troppo diffusa, ha ancora da coprire un grandissim­o spazio sociale e culturale, mobilitand­o al suo livello di studio una fetta alquanto più ragguardev­ole della società italiana. Ciò imporrebbe un discorso che da nessuna parte si vede davvero sollecitat­o sulla geografia, le dimensioni e altri aspetti delle Università italiane, il cui risalto nella vita pubblica e nelle cronache nazionali è più segnato da scandali, procedure giudiziari­e, ricorsi amministra­tivi che da altri e più sostanzial­i aspetti di ciò che è e che fa l’università. Non per questo, visto quanto è accaduto finora in questo campo, noi augureremm­o subito l’ennesima riforma del settore. Sarebbe già qualcosa se si prendesse coscienza di questi problemi, e se li si cominciass­e ad avvertire come problemi, urgenti e decisivi per il futuro del paese, che non cominciano e non si esauriscon­o all’interno dell’Università. Certe soluzioni ne potrebbero forse venir fuori da sé.

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