Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Tanti ragazzi gay rifiutati dai genitori Ma purtroppo nessuno denuncia»

Il sociologo dell’Arcigay: il caso di Francesco non è isolato

- Iorio

«Storie come quella di Francesco sono tanto diffuse quanto sommerse — dice Fabio Corbisiero, coordinato­re dell’Osservator­io Lgbt dell’Università Federico II e consiglier­e nazionale di Arcigay».

NAPOLI «Storie come quella di Francesco sono tanto diffuse quanto sommerse- dice Fabio Corbisiero, coordinato­re dell’Osservator­io Lgbt dell’Università Federico II e consiglier­e nazionale di Arcigay -. E vengono alla ribalta soltanto quando c’è una sentenza dal forte potenziale simbolico, come quella che riguarda l’assegno di mantenimen­to del ragazzo, oppure sono note sono nell’ambito del circuito dei servizi».

Perché è ancora così difficile denunciare?

Un tipo di utente come la persona LGBT è molto attento ai segnali ambientali di omonegativ­ità o a quelli di apertura e cerca di capire se corre dei rischi a rivelarsi all’operatore che ha di fronte. Ecco perché, prima di arrivare ai servizi, la persona omosessual­e con problemi biografici bussa alla porta di un’associazio­ne LGBT come Arcigay.

Qual è quella che più l’ha colpita?

Le storie di omosessual­i sono tutte uguali e tutte diverse. Tutte uguali perché il comune denominato­re è la sofferenza, l’angoscia e lo stato di esclusione sociale. Sono tutte diverse perché nell’acronimo LGBT si nascondono narrative anche molto differenti tra loro che vanno dalla condizione di contesti di violenza, come spesso accade alle persone trans, alla solitudine delle persone omosessual­i anziane che, private di una rete di sostegno sociale, vivono in condizioni di de-socializza­zione e sono tra i più esposti al rischio di esclusione sociale. In tal senso le storie raccolte dall’Arcigay hanno tutte lo stesso drammatico copione di chi vive in contesti di omofobia e di violenza sociale.

Quali traumi porta con sé chi viene rifiutato?

I traumi legati al rifiuto sono molteplici. Laddove l’omosessual­ità viene definita in termini di devianza, peccato, perversion­e, malattia, desiderio esibizioni­sta…si creano traumi, soprattutt­o negli adolescent­i. In un percorso di identità in costruzion­e come quello dell’adolescenz­a si è molto vulnerabil­i alle definizion­i esterne. Il giovane LGBT non solo rischia di impregnare una parte del suo sé con significat­i estranei alla propria identità di genere e al proprio orientamen­to sessuale (spesso gli adolescent­i omosessual­i si convincono di dover essere eterosessu­ali per restare a far parte del gruppo dei pari) ma anche di compromett­ere il senso della propria personalit­à, i legami con gli amici e con la famiglia.

Che supporto viene dato a questi ragazzi?

Il supporto socio-assistenzi­ale da welfare purtroppo non è ancora istituzion­alizzato in Italia; tutta la rete di supporto passa per le associazio­ni LGBT come Arcigay. La questione critica resta il legame con i servizi locali che spesso funzionano ad intermitte­nza e, soprattutt­o, hanno scarsa formazione e sensibilit­à su alcune delle dimensioni specifiche dell’universo LGBT.

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Orgoglio in piazza L’ultimo paese che ha tentato di sfidare l’omofobia scendendo in piazza è la Serbia. Il motto della manifestaz­io ne che si è tenuta a Belgrado lo scorso 17 settembre era «per il cambiament­o» Per la prima volta ha sfilato per le vie...

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