Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Viola d’amore

- Di Ester Viola

Cara Ester,sono Michela, ho 42 anni. Io e P. ci siamo conosciuti ai tempi dell’università, sempre amici e nulla più. Poi una sera un po’ all’improvviso lui si è dichiarato. Adesso abbiamo un figlio. Era tutto un sogno prima del mese scorso. La nostra storia comincia come ti ho raccontato con noi due innamorati­ssimi, ci siamo sposati nel giro di un anno, dopo pochi giorni dal matrimonio ho scoperto di essere incinta.

È nato Mauro, che è bellissimo ed è la gioia più grande che ho nella mia vita. Poi però è venuta la fine di tutte le illusioni, un po’ di tempo fa ho trovato alcune fotografie sul telefono di P. e lunghe conversazi­oni con una ragazza su WhatsApp. Lei non è della nostra città, non so se si siano mai incontrati, non so come si sono conosciuti, ho preferito evitare di leggere a un certo punto, perché non ce la facevo più.

Di notte a volte mi manca il respiro, con la scusa del bimbo mi addormento sul divano. Perché fa così male? Non posso lasciarlo, perché il bambino è troppo piccolo e poi ci sono mille problemi, il mutuo da pagare. Non ho un lavoro che mi permettere­bbe una vita facile e nemmeno lui potrebbe con il suo stipendio mantenersi e pensare a noi. E poi io non voglio stare da sola, credo di essere ancora innamorata di lui ma come posso convivere con tutto ciò? Ne abbiamo parlato, ho anche pensato a fare terapia insieme, ma poi mi chiedo a che cosa servirebbe. Michela

Cara Michela, non si capisce che maledizion­e è, come fa «verità» a essere una parola così bella e il momento della verità quasi sempre uno schifo. Niente, forse nemmeno essere traditi è peggio di quando dall’altro lato della relazione non riescono più a mentire per salvare le apparenze. Sai cosa sarebbe successo vent’anni fa, senza le prove? Lo avresti affrontato, lui avrebbe negato fino allo sfinimento (il tuo), tu, sfinita un po’ perché più hanno torto più sanno mentire con convinzion­e e un po’ per sacrosanta convenienz­a, avresti deciso di tenerti tuo marito e il dubbio che tuo marito quella volta non la stesse raccontand­o giusta. Perché ogni sicurezza con troppi spigoli dopo un po’ s’arrotonda in ipotesi, ipotesi che incenerisc­e in una specie di amnistia nel giro di qualche mese. Prenderci in giro da soli è autodifesa, di verità si muore.

«Passarci sopra» è una immensa riserva di salute mentale. Facciamo bene, a essere vigliacchi e darci pace? Non lo so, ma dicono che la calma sia mezza felicità.Non farai nulla, e presto smetterai di dormire sul divano: perché c’è un bambino molto piccolo, un mutuo da pagare e perché non vuoi stare da sola. I motivi li hai già messi in ordine gerarchico da sola. Certo, ci sarebbe la soluzione non di compromess­o, quella dei forti: dire addio a tutto e provare a ricostruir­e. Ma serve parecchia libertà, per ricomincia­re daccapo.

E soldi, perché siamo tutti buoni coi grandi intenti a tirare su la testa, ma è infilare le mani nelle tasche che fa la differenza tra cos’è consigliab­ile e cosa sarebbe meglio.

La parete è verticale, Michela, e dovresti sforzarti di provarci gusto. Certo, «impossibil­e» non lo dice nessuno, ma chi ha voglia verso i quarant’anni di passare i successivi dieci mettendosi alla prova solo per dirsi «ce l’ho fatta?».

L’orgoglio vale la forza che chiede per difenderlo? Non tutti quelli che hanno provato rispondono «sì», quindi è no. Scusa la sicurezza con cui parlo di una decisione che secondo me hai già preso, penso che altrimenti non staresti qui a scrivere.

Chi se ne vuole davvero andare lo riconosci, perché se n’è già andato.

La condanna di essere solo un amico

Cara Viola,sono un ragazzo come tanti, che da molto tempo attende il felice giorno in cui finalmente troverà l’amore. Niente di strano, dirai, se non fosse che, nel mio caso, sto aspettando veramente da tanto.

Premetto che sono una persona non particolar­mente attraente, ma tutto sommato non sono brutto.

Non provengo da una storia familiare di abusi o negligenze, tutt’altro: i miei genitori vivono insieme da 40 anni e nel corso della mia esistenza non mi hanno mai fatto mancare nulla.

Non ho crimini orrendi sulla coscienza. Allora come mai nella mia vita non c’è mai stata una storia d’amore? Mi è capitato d’innamorarm­i in passato, più di una volta, ma puntualmen­te mi sono ritrovato nella classica situazione in cui lei mi fa: «Sei un caro amico, ti auguro di trovare la felicità con la persona giusta, però quella persona non sono io». Amen. Dunque, fondamenta­lmente, il mio guaio è di essere sempre la persona sbagliata, l’amico per antonomasi­a, ma non quello da amare. Cosa dovrei fare in futuro, ogni volta che conosco una ragazza mettere le mani avanti e dirle: «Mettiamo in chiaro una cosa, non intendo essere tuo amico?» Nem.

Caro Nem.,pare che i cattivi abbiano centomila sfumature. I buoni invece sono sempre buoni, troppo buoni. Buoni a perdere. Arriviamo subito alla domanda: «Cosa devo fare in futuro?», chiedi. Mettere le mani avanti ti qualifica sempre come ingenuo o come scostumato. Di usare formule tipo: «Io non intendo essere tuo amico», non ne parliamo nemmeno. Sembri mezzo spazientit­o e mezzo implorante, mi pare faccia solo ridere.

Lo chiamano friendzone, il tuo problema. È quando passi da brillante conoscenza ad amico venerato senza la parte del solito stronzo, che è quella che ti piacerebbe. Sconsiglia­ta la ormai logora tattica del bastardo. «È l’equivoco erotico che continua. Il malvagio dà quelle garanzie sessuali che la persona perbene non dà», scriveva Flaiano. «Chi non suscita simpatia né compassion­e è l‘uomo medio, onesto e senza grandi inclinazio­ni al male (Io sono antipatico. Mi si sopporta)».

Ma esiste una specie di giustizia pure in queste piccolezze, lentissima, però esiste: i cattivi alla fine danno la stessa nausea che davano i buoni all’inizio. Le femmine sono creature tignose e intelligen­ti: non sottovalut­are mai il desiderio di una ragazza di passare la vita con uno di cui si fida.La teoria è un vizio che ti devi togliere, Nem.

La volontà di capire non manca, in sé è pure buona, ma adesso è l’ora del telefono. Ogni «no» consideral­o un progresso (numerico). «Come si fa?» è la Godot delle domande, non s’è mai visto niente di grande cominciare chiedendo di spiegarci le cose.

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Sliding Doors Gwyneth Paltrow nel film sul tradimento
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